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Con l’approvazione della riforma degli enti locali, in Sardegna nasce un’unica Città metropolitana, quella di Cagliari, che raggruppa 17 Comuni della così detta Area vasta.
Per il momento restano in piedi le Province storiche. Gli enti di Cagliari, Oristano, Nuoro e Sassari, in attesa della definitiva eliminazione con il referendum di ottobre, sono stati però depotenziati e tra le residue funzioni di cui si dovranno occupare sono rimaste le strade e le scuole.
Con la riforma Delrio, approvata in Consiglio regionale, è in corso una vera e propria rivoluzione negli enti locali. La minoranza ha bocciato le scelte della giunta guidata dal presidente Pigliaru alzando i toni della polemica.
Tra i cambiamenti radicali che saranno attuati c’è anche il ruolo che ricopriranno i Comuni che in forma associata, attraverso le Unioni dei Comuni (che a loro volta si articolano in Rete metropolitana, Rete urbana e semplici Unioni) svolgeranno le funzioni e le competenze fino ad oggi delle Province.
Sono state, invece, cancellate in modo definitivo le Province Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio.
Intanto, nei paesi del centro Sardegna, dove lo spopolamento e la crisi economica stanno di fatto affliggendo le comunità, ci si chiede, soprattutto alla luce della nuova riforma, quale sia il futuro delle aree interne.
E a chiederselo sono in particolar modo gli amministratori delle nostre comunità, di cui abbiamo sentito qualche parere.
IL SINDACO DI DESULO GIGI LITTARRU. Cosa cambia? Diciamo che si accentua il distacco e l'isolamento dei paesi interni e montani. Cagliari si accaparra tutte le risorse e noi continueremo a vivere nelle riserve indiane. La vera rivoluzione, come già detto, era quella di rivoltare il bilancio regionale e partire dall'interno, programmare i fondi europei per le zone depresse e non per la metropolitana e il porto di Cagliari.
Purtroppo, assistiamo inermi a questa forzatura di una classe politica cieca e di una Cagliari accentratrice, supportata da politici che arrivano dal centro Sardegna e avranno barattato il voto con una candidatura. Profondamente schifato, io non delibererò di aderire da nessuna parte, lo decidano loro d'imperio.
IL SINDACO DI TONARA FLAVIA LOCHE. Come amministratore ribadisco la mia più netta contrarietà a tutte le ipotesi di fusione obbligatoria dei comuni. Le stesse fusioni, infatti, devono aver luogo su base esclusivamente volontaria. Respingo con forza il contenuto di una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati finalizzata a proporre la fusione forzata dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Si tratta di un’iniziativa individuale di alcuni parlamentari che contraddice lo spirito e le norme della riforma Delrio.
Con la fusione si cancellano identità e storia e si desertificano le aree marginali del nostro territorio, costringendo di fatto i cittadini a trasferirsi nella aree urbane per ricevere servizi. Ci dovrebbero spiegare con elementi oggettivi quali sarebbero, dunque, i benefici per i cittadini dei nostri territori. I piccoli paesi sono additati come un elemento negativo, ma in realtà garantiscono la presenza della popolazione sul territorio fornendo anche servizi adeguati con tariffe che incentivano la permanenza dei residenti nei nostri comuni e assicurando la vicinanza delle istituzioni ai cittadini.
Sono, nella stragrande maggioranza, borghi di grande interesse storico e culturale e forieri di una solida economia, vanto per l’Italia nel mondo. Ragioni economiche non possono giustificare la cancellazione di una comunità: ci sono altri modi per risolvere i problemi dove esistono.
IL SINDACO DI OLZAI ESTER SATTA.