Il mondo non è un self service a nostra disposizione! Dobbiamo capirlo e soprattutto farlo capire ai figli. Dopo l’iniziale frustrazione, si imparerà ad accettarlo e a regolare il proprio comportamento in società. Diversamente, la reazione assume le fattezze di chi usa la prepotenza per colmare bisogni irrisolti: il bullo.

Il 29 maggio Roberta Bruzzone è stata protagonista al Teatro Akino Congia di un importante evento contro il bullismo. La criminologa ha manifestato il consueto piacere di essere nell'isola, frequente tappa dei suoi eventi.

Due appuntamenti: la mattina, con bambini e ragazzi delle scuole, ed il pomeriggio, coi più grandi (lettori, estimatori o curiosi), registrando il pienone ad entrambi gli appuntamenti.

Più di due ore di dialogo (con la partecipazione degli avvocati Gino Emanuele Melis e Roberta Lisci e Natascia Curreli, studentessa e testimone del bullismo) dal forte valore socio-educativo.

Una prima parte dal carattere espositivo, partendo dalle ragioni psico-sociali del bullismo fino ai possibili rimedi. In seguito, un confronto col pubblico, con numerosi gli interventi per manifestare condivisione delle posizioni esposte dalla Bruzzone, per chiarire dubbi dettati da radicate certezze o anche per opporle le proprie differenti posizioni.

Tra i temi di maggior rilievo, l'idea secondo la quale “Per i minorenni non può e non deve esistere la privacy” e la sensibilizzazione verso i “genitori-elicottero”, che -pensando di proteggerli- evitano ai figli ogni contatto con la negatività, con la difficoltà, con l’errore e coi fisiologici fallimenti. L'autostima in realtà non si coltiva illudendo i bambini e cullandoli nella bambagia, ma insegnando a superare gli ostacoli con le proprie forze e a rialzarsi le volte in cui, come è normale che succeda, si cade.

Solo così si apprende il gusto del conquistarsi le cose, un sentimento tra i più appaganti, che richiede tempo e sforzo ma che definisce quello che siamo e di cosa siamo capaci.

Il contatto col rifiuto, con le negazioni e le frustrazioni è doloroso ma necessario per imparare fin da subito a gestirsi. Le risposte aggressive vanno eliminate fin da subito con le punizioni. Non fisiche ma in termini di privazioni di attività e piaceri, passaggio necessario per responsabilizzare il bambino ed evitare che un domani rivolga la propria aggressività verso una fidanzata o verso il prossimo. Perché in quel caso la punizione non arriverà dai genitori (in termini, magari, di privazione dei videogiochi) ma dall’autorità giudiziaria, con frustrazione e conseguenze decisamente peggiori.

Ultimo esempio di fallimento a livello educativo genitoriale: il massacro ad Anagni di una capretta, inerme, ad opera di alcuni ragazzi durante una festa per il diciottesimo compleanno (tutti difesi a spada tratta dai relativi genitori). Oggi ci è passato un animale inerme… e domani?

A testimonianza che l’empatia non la si può allenare o acquisire: si sviluppa nei primi 3 anni se i caregiver (in quella fase, soprattutto la madre in quella fase) riescono a comprendere e soddisfare i bisogni del bambino. Sennò non si svilupperà e sarà difficile accenderla in seguito. Mancherà un pezzo: quello più vicino al concetto di anima.

I ragazzini di oggi vivono in un territorio ostile. Crescono con la competitività instillata a partire dei genitori, come dimostrano i sempre crescenti episodi di violenza (verbale ma talvolta anche fisica) alle partite di calcio dei giovanissimi “pulcini”.

Vengono anche esposti e discussi numerosi esempi reali (tra cui i tristemente noti casi di Carolina Picchio, del “ragazzo coi pantaloni rosa” Andrea Spezzacatena) che fanno riflettere: effettivamente, spesso la scuola fa poco. Ma ancora meno fanno “gli spettatori”, le persone non coinvolte direttamente ma che assistono in silenzio (quand’anche non riprendono coi cellulari).

È importante che passi un messaggio: in una condizione di bullismo è molto difficile che sia la vittima a reagire, a prendere l’iniziativa per fermare la violenza. È necessario che la reazione parta dagli spettatori, cosicché -auspicabilmente- spinga tutti, scuola e istituzioni comprese, a fare di più.