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L’ipotesi di commissariamento delle otto province isolane scatena l’ira del Presidente dell'Unione Province Sarde Roberto Deriu.
"Circola la notizia che la Giunta regionale -dice Deriu- stia per deliberare il commissariamento delle otto province sarde anche senza l’approvazione di una previa legge regionale che ne autorizzi l’adozione. Se questa notizia fosse confermata, ci troveremmo dinanzi a un atto palesemente illegittimo, per le ragioni che seguono. In tema di commissariamento degli enti locali la disciplina vigente in Sardegna è quella prevista dalla legge regionale n. 13 del 2005.
Questa prevede, all’art. 2, che «nei casi previsti dall’art. 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la nomina del commissario, ove prevista, sono disposti con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, adottata su proposta dell’Assessore degli enti locali».
Sicché la Giunta regionale può commissariare gli enti locali (comuni e province), ma può farlo solo nelle ipotesi espressamente previste dall’art. 141 del TUEL, cioè dalla disciplina legislativa nazionale.
Sennonché il suddetto art. 141 prevede lo scioglimento degli organi e il conseguente commissariamento
a) quando si compiano atti contrati alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purchè contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;
c) quando non sia approvato nei termini il bilancio».
Come si vede, nessuna delle ipotesi elencate s’attaglia al nostro caso, sicché il commissariamento degli enti provinciali, di tutti gli enti provinciali, quale esecuzione dell’esito referendario, è palesemente un atto extra et contra legem, che potrà impugnarsi con successo dinanzi al giudice amministrativo per ottenerne l’annullamento.
In secondo luogo occorre considerare il piano dei rapporti politico-istituzionali. La decisione di riservare il medesimo trattamento a tutte le province sarde, senza distinguere tra nuove e storiche e quindi senza considerare che i referendum abrogativi erano previsti solo per le prime e non anche per le seconde, appare gravemente lesiva del principio democratico-rappresentativo.
È vero che, quale effetto collaterale della consultazione referendaria dello scorso anno, sono venuti meno i confini che perimetravano i territori di tutte le province e che pertanto anche le province storiche, private di un elemento costitutivo, sono state travolte dall'esito referendario. Va detto però che questo fu un effetto ulteriore indebito, che dovrebbe dimostrare l'invalidità della consultazione referendaria e non già assumersi come presupposto di misure ulteriormente afflittive nei confronti degli enti provinciali storici.
Per queste ragioni il commissariamento di quest'ultime non può certo considerarsi legittima attuazione dell'esito referendario ed esecuzione del pronunciamento popolare, ma tutt'altro. Infatti, i commissari nominati unilateralmente dalla Giunta regionale andranno a sostituire gli organi provinciali legittimamente eletti dai corpi elettorali locali, interrompendo il loro mandato elettivo ben prima della scadenza della legislatura.