Il 12 febbraio, presso la sala conferenze dell’hotel Mistral 2 di Oristano, il generale Roberto Vannacci (per l’occasione nelle vesti di privato cittadino, come egli stesso tiene a precisare) ha presentato il suo libro Il mondo al contrario e risposto alle relative domande.

 

Dopo l’autopubblicazione a fine agosto, temi e toni -volutamente provocatori dice il generale- del libro avevano generato un putiferio mediatico ma non solo, culminando con la decisione del Ministro Crosetto di rimuovere il generale dalla guida dell’Istituto Geografico Militare di Firenze (“ho agito con tre fini: tutelare lo stesso generale, le Forze Armate ed i valori costituzionali e repubblicani” aveva dichiarato Crosetto). Quando gli viene chiesto se avesse fatto pace col ministro, Vannacci ha risposto di non avere interazioni giornaliere con lui, cui è legato da un rapporto di rispetto e disciplina. “Ho avuto un colloquio, ma nulla di più: ritengo che nessuno dei due debba delle scuse all’altro”.

Francesco Borgonovo ha definito il libro "un rutto liberatorio". La definizione è piaciuta all’autore, che ha dichiarato di essersi sfogato scrivendo e che lo definirebbe un libro di banalità, non avendo detto nulla che qualcun altro non abbia già detto e pensato migliaia o per lo meno centinaia di anni fa. “La cosa forse strana è che le ho raccolte tutte assieme e le ho dette con uno stile diretto e senza fronzoli. Ok, potrà risultare magari veemente in certi tratti, ma se il libro ha avuto così tanto successo è perché esistono parecchie persone che, per il loro essere normale, vengono additate come tradizionalisti retrogradi che vogliono stravolgere il nuovo corso del mondo”.

Lo scorso 4 settembre Vannacci è venuto a Villasimius, in dialogo col giornalista Sandro Angioni (presente anche questa sera), per la prima presentazione in pubblico. L’incontro aveva registrato più di duecento spettatori.

Apre l’incontro Roberto Zedda, organizzatore, affermando che lo scopo/speranza con cui è stato organizzato l’appuntamento è di far venire fuori l’anima dell’uomo Vannacci. Aggiunge poi che per diverso tempo egli aveva ignorato la questione: sia il libro stesso che le critiche mosse; il motivo per cui ha poi scelto di leggerlo è lo stesso per cui lo consiglia ai presenti: avere un punto di vista differente e non dell’ultimo influencer alla moda ma di un pluridecorato generale italiano.

“Considerate poi che io ringrazio chi lo ha letto e chi lo vorrà leggere, anche per non condividerlo, perché -guarda caso- la maggior parte di chi lo ha criticato non lo ha letto!” risponde Vannacci. “Il bello di un libro è che si tratta di un oggetto passivo: si limita a stare su uno scaffale (o su un negozio online). Se a qualcuno piace lo compra, sennò si lascia dove sta e non darà fastidio a nessuno”.

Presenti a moderare anche i giornalisti Piero Marongiu (che è stato anche militare di carriera) ed Elia Sanna.

Il generale rivela anzitutto che è già pronto un secondo libro, che parlerà della sua storia personale e -si augura- aiuterà a capire perché Roberto Vannacci la pensa così.

A chi lo ha criticato per i toni, replica “Sì, tra le varie cose mi hanno detto che ho usato un linguaggio da caserma… signori, da uno che ha passato 37 anni in una caserma vi aspettavate un libro di poesie? Ho scritto un libro nel mio personale stile. Parte del linguaggio era volutamente provocatoria per attirare l'attenzione del lettore, affinché non fosse noioso”.

"Perché ho scritto il libro? Io sono ottimista per indole, ma da genitore non nego di essere preoccupato per le mie giovanissime figlie” -dichiara Vannacci – “Vorrei lasciare loro un mondo migliore. Il motore di ogni genitore è, o dovrebbe essere, lasciare qualcosa ai propri figli... ecco perché elevo le mie critiche. Non è un libro scritto per togliermi qualche sasso dalla scarpa o perché fossi eccessivamente schifato o impaurito dall'attuale mondo. Dirò di più: il libro è nato come una serie di articoli sui vari temi, come reazione alla diffusa tuttologia portata avanti da chi le competenze non le aveva. Ho messo assieme tutto ciò che ritenevo paradossale della società moderna. Non con la volontà di criticare, ma di esaminare perché nel mondo contemporaneo si voglia andare controcorrente, contro tendenza presentando come normale ciò che in realtà è paradossale, se non dannoso”.

Interrogato sulla questione omosessualità fa una premessa di carattere linguistico, affermando che non gli sta bene il termine gay semplicemente perché è importato da una lingua straniera, che non ci appartiene; ricorda infatti che la nostra lingua ha una storia millenaria, e guarda caso esiste il termine per definire un omosessuale maschile: uranista. “Se anche non fosse esistito, abbiamo creato tanti neologismi e non possiamo crearlo qui? Le omosessuali femminili sono definite da un bellissimo termine italiano: lesbiche... dunque...”.

Illustra dunque le sue ragioni per aver scritto che gli omosessuali “Non sono normali”: “Aprite un dizionario. Normalità significa condizione riconducibile alla consuetudine o alla generalità, interpretata come regolarità o anche ordine. Insomma, nulla di eccentrico. Idem in chimica, fisica o biologia: quando il medico dice che i valori non sono normali non sta insultando. Sta dicendo che il nostro valore non rientra in quello che la statistica dice essere normale, essere nella media. Nel libro ho dedicato ben due pagine a spiegare questi concetti. Non normale non vuol dire meglio, peggio, strano, sbagliato. Vuol dire, fuori dalla media”.

“Ho usato solo dati ufficiali, statistiche di enti statali. In Gran Bretagna, l’Istituto Nazionale di Statistica ha riportato una percentuale di non eterosessuali pari al 3,4%. Quindi, la statistica ci dice che nella norma, ovvero nel 96,6% dei casi, i cittadini sono eterosessuali. Non ritengo dunque offensivo dire che il 3,4% non rappresenta la normalità, non è espressione della media”. Il generale rivendica con fierezza di non aver mai valicato il confine tra libertà di critica e diffamazione. La prova? “Al di là di quanto scritto sui giornali, nessun tribunale mi ha giudicato colpevole di diffamazione”.

Nelle due ore di dialogo, Vannacci ha esposto i fondamenti del suo pensiero, da cui è scaturito il libro, alternandoli ad aneddoti sintomo -a suo dire- di una deriva mediatica che ricerca più lo scandalo “di moda” che i contenuti. Per esempio “A Viareggio c'è una tradizione: un tuffo dalla spiaggia a mezzogiorno. Dando anche seguito ad un'iniziativa di beneficenza chi ha piacere si riunisce in piazza, si va al mare e si fa un tuffo. Sono cinque o sei edizioni che io partecipo. Ora, dovete sapere che io non uso mai né pigiama né accappatoio. 35 anni fa mi hanno regalato un accappatoio, alquanto kitsch… pensate alla moda di 35 anni fa! L’ho buttato da una parte nell'armadio. Al primo di gennaio ho pensato, in attesa del tuffo, potesse fare comodo avere un accappatoio dunque lo ho indossato. Ecco comparire tutti i giornalisti, additandomi indignati come il nuovo caso Ferragni, pagato per promuovere chissà che marca di accappatoi”.

Ha poi parlato della questione nata da una sua affermazione su Marco Mengoni, presentatosi a Sanremo in gonna: “Mi chiama una giornalista a casa e mi chiede cosa penso di Sanremo? A parte che non lo guardo perché il carnevale lo ho a casa, abitando a Viareggio, non le ho potuto dir nulla perché non guardo il Festival. Mi è stato quindi chiesto cosa pensassi di Amadeus e di Fiorello; ho risposto per quel che ho visto in passato: Fiorello mi piace, si è fatto dal nulla, è a suo modo geniale. Amadeus lo seguo di meno, ma è un grande professionista”.

Dunque la fatidica domanda: e di Mengoni cosa ne pensa? “Non sapevo neppure chi fosse! Ha detto che mi avrebbe mandato una foto, e ricevo una foto di questo ragazzo con la barba vestito con la gonna. Ho detto che è liberissimo di vestirsi come vuole e di fare quello che vuole. Come, però, è parimenti libero chi vuole criticarlo o farsi una risata. Putiferio! Eppure, nessuno può negarmi che un uomo con la gonna, in occidente, a meno che non sia scozzese o sotto carnevale non è normale. Molte cose osannate a Sanremo non si vedono in molte altre realtà. Ho visto la bellissima Sartiglia qua ad Oristano e non mi è sembrato che ci fosse un solo uomo con la gonna! Poi, parere assolutamente personale, ritengo che un uomo che va in televisione con la gonna lo faccia soprattutto per attirare l'attenzione”.

Vannacci cerca di mettere in guardia sulla strategia di desensibilizzazione: “Lo stesso principio di un vaccino, che espone al corpo delle parti di un patogeno affinché il sistema immunitario lo riconosca. Sembra che si voglia inondare la società di immagini di qualche cosa per presentarla come nuova normalità. Affinché, dopo questo costante bombardamento, la società non sappia più distinguere. E accetti come normale ciò che in realtà normale non è. Non perché sia sbagliato ma perché è qualcosa di atipico, che non rispecchia l'espressione della moltitudine. Espressione che è la base di quel sistema che è la democrazia, che tutti orgogliosamente citano, spesso a sproposito”.

Sul tema delle differenze, il generale dice che vanno esaltate: “Dal mio punto di vista, senza differenze l'universo e le società sarebbero apatiche. Vanno esaltate le differenze, che però sono un qualcosa di oggettivo. Esempio, un bicchiere è diverso da un paio di occhiali. Discorso diverso sono le discriminazioni, che si basano si diritti e dignità. Se dico che un bicchiere è diverso da un paio di occhiali, non penso che mi si possa dire che sto dicendo che uno dei due è migliore o superiore. Non mi sta bene che si dica "non possiamo più parlare di differenze perché siamo discriminatori". Se due persone hanno la pelle di colore diverso, hanno una oggettiva diversità. Dire che sono diversi non vuol dire che debbano essere discriminati nei diritti e nella dignità. E non ho mai detto né pensato il contrario”.

Si riflette quindi sul concetto di patria, dopo aver ribadito che la necessità di sentirsi sicuri è tra i primari bisogni degli individui: “La patria è quel luogo geografico delimitato dove a prescindere da tutto -genere, condizione sociale, opinioni- tutti si stringono attorno a degli stessi ideali e principi. Va bene essere multiculturali, ma ritengo sia alquanto difficile mettere d'accordo grandi gruppi con ideali diversi, magari opposti. Esempio: la Rivoluzione francese ci ha insegnato ad applicare la stessa legge per tutti. Prima i nobili venivano giudicati diversamente dai borghesi a loro volta giudicati diversamente dagli schiavi. Capite che, se la mia patria ritiene uomo e donna uguali, non è ammissibile giudicare diversamente chi commette un illecito contro una donna perché nella propria cultura è subordinata o di minore valore. Va benissimo l'immigrazione, ma che sia mossa da fini costruttivi e di reale volontà di integrazione, non di imposizione. Ricordo infatti la differenza tra immigrato ed invasore: il primo sceglie di arrivare per integrarsi con la patria che lo accoglie. Il secondo viene per imporre i suoi ideali e sottomettere quelli dell'altra nazione. Chi va in un’altra nazione deve contribuire allo stato sociale accettando che in quel luogo si adottano quei principi, regole ed ideali e lavorando, studiando, offrendo il proprio rispettoso contributo, senza che questo voglia dire che la cultura del suo paese d’origine valga meno”.

Su famiglia e ambientalismo afferma “Riconosco come lecito qualsiasi orientamento sessuale. Parimenti, non penso di dire qualcosa di sbagliato se dico che gli 8 miliardi di esseri umani, tutti sono figli di un uomo e di una donna. E che la famiglia ha il compito di procreare ed educare. Sacrosanto l'ambientalismo, ma che porti un miglioramento per l'umanità, o per lo meno non un peggioramento. I periodi di cambiamento climatico si sono sempre susseguiti, ed è verissimo che negli ultimi 150 anni le attività umane lo hanno fortemente catalizzato. Purtroppo, l’inquinamento è un effetto collaterale del progresso. È grazie al progresso se ora l’aspettativa di vita supera i 60 anni, se più persone hanno un’istruzione, se possiamo compiere viaggi prima impossibili e così via. È impensabile fermare l’inquinamento -processo che tra l’altro richiede anni se non decenni- rinunciando a tutti i progressi degli ultimi 150 anni. Bisogna trovare una maniera razionale ed ecologica di integrare le due cose”.

Prima di dedicarsi al firmacopie, il generale Vannacci lascia la platea con un messaggio a suo modo positivo: gli viene chiesto, avendo dipinto una di società che sta andando verso il baratro, se ci sia possibilità di salvezza. “Beh, direi di sì… sennò non avrei scritto il libro! Spero, inoltre, di poter tornare presto qua in Sardegna a presentare il secondo!”.