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Si celebra oggi in Sardegna Sa die de sa Sardigna, la giornata del popolo sardo istituita dal Consiglio regionale il 14 settembre 1993. La festività vuole ricordare la sommossa dei vespri sardi che il 28 aprile 1794 costrinse il viceré Vincenzo Balbiano e i funzionari sabaudi a fuggire da Cagliari.
I tumulti nacquero in seguito al rifiuto di soddisfare le richieste dell'allora Regno di Sardegna di riservare ai sardi le cariche pubbliche, un Consiglio di Stato a Cagliari, vicino alla sede del viceré e l'istituzione a Torino di un Ministero per gli affari della Sardegna. Domato il grosso della rivolta, alcune richieste furono accolte nel 1796.
GLI ANTEFATTI. Col crescere del malcontento nei confronti dell'amministrazione diretta piemontese, negli ultimi decenni del Settecento si creò nell'Isola un movimento di ribellione che attraversò tutto il territorio, a ridosso degli eventi rivoluzionari francesi e contemporaneamente ai fermenti sorti in varie parti d'Europa. Nel 1793 una flotta francese tentò di impadronirsi dell'isola lungo due linee, l'una nel Cagliaritano e l'altra nei pressi dell'arcipelago della Maddalena, guidata dall'allora giovane ufficiale Napoleone Bonaparte, riparato in Francia continentale in seguito all'insurrezione paolina appoggiata dagli inglesi. I Sardi opposero però resistenza sventando il piano.
GLI AVVENIMENTI. In seguito cominciò a montare nell'opinione pubblica un sentimento di rivalsa nei confronti della Corona sabauda per la difesa del Regno. I Sardi chiesero così che fosse loro riservata gran parte degli impieghi civili e militari e un'autonomia maggiore rispetto alle decisioni della classe dirigente locale. Al perentorio rifiuto da parte del governo piemontese di accogliere qualsiasi richiesta, la borghesia cittadina organizzò con l'aiuto del resto della popolazione il moto insurrezionale.
L'episodio finale che condusse alla contestazione fu l'arresto ordinato dal viceré di due capi del cosiddetto "partito patriottico", gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor. Il 28 aprile 1794 la popolazione inferocita allontanò dalla città tutti i 514 funzionari continentali, compreso il viceré Balbiano. Nel mese di maggio di quell'anno furono tutti imbarcati con la forza e cacciati via dall'isola. Incoraggiati dalle vicende cagliaritane, le popolazioni di Sassari e Alghero fecero altrettanto, coinvolgendo poi il resto dell’Isola. La Sardegna diventò, così, il primo Paese europeo a promuovere una propria rivoluzione seguendo l'esempio francese, senza che questa risultasse un fenomeno d'importazione esterno, trasferito altrove militarmente.
I moti antifeudali furono successivamente guidati per altri due anni da Giovanni Maria Angioy, alto magistrato del Regno di Sardegna, salvo essere alla fine repressi dalle forze lealiste, ingrossatesi in seguito alla stipulazione del trattato di pace sottoscritto da Napoleone e Vittorio Amedeo III. L'esperimento rivoluzionario sardo giunse così al termine, e la Sardegna rimase sotto la giurisdizione sabauda.
SUCCESSIVAMENTE. Seguì un periodo di restaurazione aristocratica e monarchica, culminato nella "Fusione perfetta" del 1847, che non riuscì a spegnere altri spontanei focolai di ribellione occorsi tra il 1802 e il 1821, fra cui la cosiddetta "congiura di Palabanda" del 1812 e la rivolta algherese del 1821.