Per il secondo anno, la Sardegna arriva al suo appuntamento, Sa die de sa Sardigna - di cui ha fatto un simbolo di libertà, di appartenenza, di coraggio, di progresso e di speranza - nelle drammatiche condizioni create dalla pandemia.

La rievocazione storica - sancita dal Consiglio regionale della Sardegna come Giornata del popolo sardo con Legge del14 settembre 1993 – sarà vissuta anche stavolta, dunque, in un’atmosfera greve a causa dei lutti, dei danni alla salute e all’economia provocati dal ­terribile virus.

 I fatti sono quelli della sommossa del 28 aprile del 1794, quando a furor di popolo fu deciso di cacciare i funzionari sabaudi con in testa il viceré Vincenzo Balbiano. Cosa che poi avvenne nei giorni successivi, quando furono imbarcati e costretti a lasciare Cagliari.  La causa scatenante dell’insurrezione fu il rifiuto delle richieste di riservare ai sardi le cariche pubbliche, un Consiglio di Stato a Cagliari e l’istituzione di un ministero per gli affari della Sardegna a Torino.

Oggi, dopo aver vissuto tutte le avversità della peggior sorte durante gli anni che ci separano dai fatti del 1794, la Sardegna, così come tutta l’Italia e il resto del mondo, ha un nemico subdolo e invisibile davanti a sé e sta affrontando una pandemia che semina morte, sofferenze e dolore si muore, ci si ammala, il lavoro è fermo e, dopo oltre dodici mesi la popolazione è stremata dalla fatica del vivere. Siamo da una chiusura totale all’altra, il virus non demorde e, soprattutto schiere di giovani lavoratori scendono in piazza per urlare la loro disperazione.

Quali altre risorse ci servono perché si possano attingere quelle forze necessarie per non essere scavalcati dall’angoscia e dalla paura di non farcela? Basteranno quelle che hanno consentito ai nostri genitori e ai nostri nonni di consegnarci, senza risparmio di energie e troppo spesso anche al prezzo della loro vita, un mondo migliore? Loro, se tornassero in vita, ci direbbero che possiamo e dobbiamo farcela, che non dobbiamo arrenderci e che, soprattutto, dobbiamo seguire quelli che furono i loro esempi di coraggio, di voglia di riscatto, di lotta per la libertà, giustizia e uguaglianza. Perché del rafforzamento di questi valori c’è bisogno anche nell’eccezionalità di una pandemia.

Che non si combatte, nelle sue conseguenze - e si sa anche in quali difficoltà e incertezze si trovi la scienza di fronte a un virus sconosciuto - solo dal punto di vista sanitario, con i farmaci e i vaccini. E’ altrettanto deleteria, infatti, la disgregazione economica e poi sociale che ne può derivare, con approfittatori, sciacalli e speculatori e negazionisti di tutto, sempre pronti a insinuarsi nelle pieghe dei tracolli materiali e psicologici di un dissesto generale.

Perciò, ci raccomanderebbero, i nostri avi, anche di non cedere mai alle tentazioni, pressioni o ricatti di chi vuole cambiarci la strada da seguire rispetto ai principi etici e morali da loro ereditati e poi trasmessi alle nuove generazioni. Perché, in caso contrario, e succede anche troppo spesso, tra i nemici da combattere ci saremmo anche noi stessi.

Ecco, oggi, in questa giornata dedicata al riscatto, all’eroismo e alla responsabilità di essere sempre d’esempio, sicuri che ce ne sarà bisogno, riflettere su questi temi potrebbe significare rafforzare o trovare in essi la fonte a cui attingere per abbeverarci delle risorse necessarie per superare quelle conseguenze del virus che stanno sconvolgendo la vita della persona e della società di cui essa stessa fa parte.

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Pro Sa Die de sa Sardigna

 

Úe sunt sos sardos de cussos annos

chi fint terrore a sa zente piemontesa                          

òe non si timent mancu sos malannos

chi podent causare morte e ispesa.

 

Isco c’hant isfidadu milli affannos

et onzi tipu ‘e tristura e offesa

pro dies, meses e annos

como non bi nd’hat amore pro chi est a manu tesa.

 

Pro chi sia fatta illesa s’isola ‘e Sardigna

chena semenare terrore e morte

cara zente sarda s’est chi nde ses digna

 

non vivas avvilida in custa tenebrosa sorte

t’est óbbligu de fágher’onore e vantu

a cuss’ antigu sognu ch’ischelat ‘e sa luna sa corte.

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Dove sono i sardi di quegli anni

che hanno sparso terrore fra i piemontesi

oggi non si temono neanche le malattie

che possono causare morte e rovina.

 

Io so che hanno affrontato mille affanni

e ogni tipo di disgrazia e danni

per giorni, mesi e anni

ora non c’è amore per chi chiede aiuto.

 

Se volete salvare la Sardegna

senza seminare terrore e morte

cari sardi per esserne degni

 

non rassegnatevi a vivere nella sventura

dovete fare onore e vanto

a quell’antico sogno che rende più chiaro l’alone luminoso della luna.