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Il presidente Michele Pais ha aperto la seduta straordinaria del Consiglio regionale questa mattina a Cagliari, in occasione delle celebrazioni per Sa Die de Sa Sardigna rivolgendo “un saluto e un augurio a tutti i sardi. Vorrei fossero oggi idealmente con noi – ha detto Pais – a formare una grande comunità di uomini e donne che, pur dovendo affrontare le difficoltà del presente, sia pronta ad assumersi le proprie responsabilità e a lottare unita per assicurare un futuro migliore ai propri figli”.
Il presidente ha sottolineato il “grande senso di responsabilità, di orgoglio e di fierezza” che ha animato l’Assemblea regionale riunitasi in una ricorrenza così importante “per risvegliare e offrire nuovi spunti di riflessione alle nostre coscienze in una giornata ricca di significati storici, culturali e sociali".
LA STORIA. Sono passati quasi 26 anni, ha ricordato, da quanto il Consiglio regionale varò la legge che istituiva Sa Die de Sa Sardigna, “la giornata nazionale del popolo sardo da celebrarsi ogni anno il 28 di aprile, in ricordo dell’insurrezione popolare avvenuta lo stesso giorno del 1794 e che portò alla cacciata da Cagliari e dalla Sardegna dei piemontesi e del viceré Balbiano”.
“Quel provvedimento segnò l’avvio di una nuova stagione politica più attenta ai temi delle identità e dei diritti delle piccole patrie. Quella legge aprì una profonda riflessione politica sulla necessità di pensare a un nuovo modello di gestione dell’istituto autonomistico, di guardare alla nostra specialità tenendo conto del mutare dei tempi”.
Sa Die de Sa Sardigna deve essere dunque "occasione per riflettere sul momento storico che attraversiamo, sulla nostra situazione economica e sociale, sul nostro essere sardi".
La memoria degli eventi passati deve essere per Pais sempre attuale: "Solo se siamo capaci di far maturare le esperienze vissute in un ragionamento costruttivo e di grande efficacia, la strada tracciata da Giovanni Maria Angioy, da Michele Obino e il sacrificio di uomini coraggiosi come Francesco Cilocco, non saranno cancellati, ma ci consentiranno di avere sempre una luce come punto di riferimento per tutti”.
SEDUTA STRAORDINARIA. Dopo le polemiche degli ultimi giorni, il presidente ha rivendicato la legittimità della seduta straordinaria sostenendo che “La nostra presenza in Consiglio regionale, oggi, ha un grande significato. Il rispetto della data del 28 aprile, con il suo carico simbolico, rafforza il valore intrinseco della ricorrenza. Così come avviene il 2 giugno per la Festa della Repubblica e il 4 luglio per il giorno dell’Indipendenza negli Stati Uniti. Stesso discorso per tutti gli altri grandi eventi, laici e religiosi, della Sardegna: Sant’Efisio il 1° maggio, l’Ardia di Sedilo il 6 e 7 luglio, i Candelieri il 15 agosto, l’apertura del Carnevale barbaricino con l’accensione dei falò per Sant’Antonio Abate nella notte tra il 16 e i 17 gennaio. Per questo ritengo quanto mai fuori luogo ricorrere a un freddo calcolo ragionieristico per contabilizzare i costi dell’apertura del Palazzo. Oggi è importante essere qui, non solo per celebrare il passato, ma soprattutto per costruire il nostro futuro, onorando le vite di uomini valorosi che hanno lottato per ottenere il sacrosanto diritto alla libertà”.
Il presidente del Consiglio ha poi citato Angioy quando scriveva che “Malgrado la cattiva amministrazione, l'insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l'agricoltura, il commercio e l'industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d'Europa”.
FEDERALISMO, GOVERNO, EUROPA. “Dare una svolta significativa alla nostra Isola è l’impegno che abbiamo preso e che abbiamo già iniziato a portare avanti nell’interesse esclusivo dei sardi” ha detto Pais prospettando “una vera e propria rivoluzione federalista”.
Così come accadde durante i moti rivoluzionari del 1794 “anche oggi sono i Comuni della nostra Isola a fare grande la Sardegna. Dai piccoli paesi, dalle zone interne e da quei luoghi indicati come terre dello spopolamento, così come dai grandi centri, deve partire una nuova spinta rivoluzionaria”.
Nell’ambito del rapporto fra Regione ed Enti locali, ha auspicato un “decentramento amministrativo agognato da tempo”. Superare il concetto di periferia, dare centralità a tutti i territori sardi, ridisegnare il sistema di enti e agenzie regionali con il trasferimento di alcuni snodi decisionali in aree oggi marginali sono i concetti chiave da affermare per l’esponente della maggioranza.
“I rapporti con lo Stato centrale – ha proseguito –, hanno toccato in questi anni il punto più basso. La Sardegna sconta pesanti ritardi infrastrutturali e di sviluppo. La vertenza entrate è lungi dall’essere risolta, ai sardi non è neppure garantito il diritto fondamentale alla mobilità. La politica deve fare fronte comune in difesa dell’interesse supremo della Sardegna. Come? Anzitutto attuando tutte le prerogative previste dallo Statuto di Autonomia. Occorre alzare il livello del confronto e difendere i diritti del popolo sardo. Più autogoverno e più federalismo, questo deve pretendere la Sardegna per respingere le cicliche tentazioni neocentraliste dello Stato italiano”.
E ancora: “L’Europa e il Governo centrale devono guardare alla Sardegna con il rispetto che merita. La nostra Isola deve essere al centro di un dialogo programmatico con tutti gli altri Stati. L’Europa, pensata dai padri fondatori come un’unione egualitaria fra popoli è oggi in mano alla tecnocrazia e ai poteri finanziari. Occorre riappropriarsi di quel comune sentire, restituire all’Europa un orizzonte solidaristico di progettualità". Proprio su questo, secondo Pais,"la Sardegna insieme alle altre piccole patrie può offrire un contributo fondamentale".
GIOVANI E ISTRUZIONE. Il pensiero va poi ai giovani sardi: "Non ha senso guardare al futuro di questa regione non riconoscendo loro un ruolo da protagonisti. I nostri ragazzi devono conoscere il mondo, fare esperienza, ma rivendicando con orgoglio e fierezza il loro senso di appartenenza. A partire dalla conoscenza delle proprie radici e della propria lingua, elemento primario della nostra identità".
"Questo Consiglio - riconosce il presidente - ha fatto importanti passi in avanti nella difesa del sardo, della lingua catalana e delle altre parlate alloglotte della Sardegna. Manca però un passaggio fondamentale: la libertà di insegnare la lingua ai nostri figli nelle nostre scuole di ogni ordine e grado". Ma il sistema dell’istruzione andrebbe rafforzato: "Scuola e Università vanno messe al centro della nostra programmazione. Con il loro bagaglio culturale e linguistico, aperto al confronto con il mondo, i giovani potranno essere ambasciatori di una Sardegna che produce conoscenza, che tiene vivo il filo della memoria e che si proietta negli scenari politici e sociali di domani con autorevolezza".
UN GRANDE POPOLO. "Oggi si celebra la festa del popolo sardo e noi siamo un grande popolo, lo siamo stati nei momenti più difficili del passato e dobbiamo continuare ad esserlo".
“La scommessa - come diceva Nereide Rudas - è quella di far mantenere ai giovani sardi una rinnovata autoconsapevolezza della loro specificità: di far diventare i giovani sardi cittadini del Mondo, conservando i significati e i valori della loro piccola patria. Ma la scommessa è anche quella di farli diventare veri abitanti della Sardegna, in quanto abitanti del Mondo".
"Potremo così metterci alle spalle le sconfitte - ha concluso Pais -, le illusioni e le delusioni, le vergogne, le invidie, i naufragi e camminare liberi, a viso aperto, insieme agli altri popoli della terra”.