“Mi dispraghidi ma deu seu...femmina sarda!! SARDA, BARROSA, pottu coru, crabeddu e anima! Seu terra, soi, bentu e mari ma puru perda, unu Nuraghe e, chi ci scudisi, scudisi e ti squartarasa beni a Terra!” (Sandra Giglio)

“Mi dispiace ma io sono...donna sarda! Sarda, testarda, ho cuore, cervello e anima!! Son terra, sole, vento e mare ma anche pietra, un Nuraghe e, se ci sbatti addosso, ci sbatti e cadi bene per terra!”

Questa poesia di Sandra Giglio descrive la donna sarda e lo fa in modo straordinario.  La poetessa riesce a disegnare con le parole il ritratto di un’emozione che ci conquista fin dalla prima frase, formando immediatamente nella nostra mente, l’immagine di figlie, madri e nonne di Sardegna.

“Cuore, cervello e anima, ma anche pietra”, la donna sarda è sempre stata ammirata e rispettata per il suo coraggio, tenace e forte come una roccia, da sempre si è presa cura della casa e anche in assenza dell’uomo, ha affrontato mille difficoltà a testa alta e senza mai arrendersi.

Fin dal periodo medioevale che voleva le donne oppresse e remissive “Sa Femina Sarda” ha sempre rifiutato il ruolo di disparità nei confronti dell’uomo. Chiudiamo gli occhi e per un attimo facciamo un salto indietro nel tempo: la Sardegna si allontanava anche dalla classica formula di matrimonio del diritto romano e mentre le donne del resto d’Italia venivano date in spose dal padre con una dote, la donna sarda costruiva un matrimonio in regime di comunione di beni comunemente detto “a sa sardisca”.

I coniugi  vivevano, dunque, in modo tale che la sposa potesse godere degli stessi diritti del marito sui beni di famiglia. Da sempre la donna sarda è riuscita a mantenere la parità nei confronti dell’uomo anche grazie alla sua tenacia nel voler lavorare sin da giovanissima, non solo in casa, ma anche nei campi. Sotto il sole o con la pioggia,  in gravidanza nonché in prossimità del parto svolgeva il suo lavoro con una forza e una determinazione tali, da far invidia a qualunque uomo. Quando si parla di matriarcato in Sardegna e del ruolo principale delle donne all’interno della famiglia si parla di transumanza. Durante la transumanza del bestiame gli uomini si allontanavano da casa per  lunghi periodi di tempo e, giocoforza, le donne erano costrette ad assumere il controllo di tutto. Tuttavia, a noi piace pensare che le donne sarde hanno sempre avuto quella particolare scintilla che ha permesso loro di essere un po’ speciali anche al di là della transumanza.

Elena di Gallura, una delle prime donne al Governo in Europa che prese le redini del proprio Giudicato, la regina guerriera Eleonora d’Arborea che lottò per liberare la Sardegna dai conquistatori e creò la Carta De Logu, le famose banditesse amate dal popolo e combattenti per la libertà della Sardegna, sono solo alcuni esempi di donne di Sardegna che ci fanno capire come la nostra Isola sia da sempre legata al potere femminile.

Doni preziosi di “feminas sardas” arrivano anche dall’800 e dal ‘900, basti pensare a Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura che occupa un posto sempre speciale nel cuore dei sardi.  Maria Lai, nata nell’Ogliastra ad Ulassai diventata allieva del grande Arturo Martini e trasformata in una grande artista, icona speciale nella storia dell’arte contemporanea, o ancora la grande cantante e artista degli anni ’50 Maria Carta.

Ognuna di queste donne ha contribuito ad arricchire il carattere unico e speciale della nostra Isola con fierezza e dignità.

Il tempo passa, ma la donna sarda è sempre la stessa: testarda, bella e fiera delle sue origini, legata alla propria terra in modo viscerale e se ci guardiamo attorno, i visi delle “Feminas” di Sardegna, continuano ad avere quella particolarità che, nella profondità di grandi occhi scuri e genuini, conserva ancora l’anima forte e dolcissima di sempre.