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Il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge 1 del 2024 della Sardegna , approvata nell'ultima seduta della legislatura, che contiene disposizioni varie in materia di promozione turistica, sanità e altro, perché la Regione, anche se provvede con risorse proprie al finanziamento della spesa sanitaria, non può stabilire " una remunerazione a favore degli operatori privati accreditati, oltre i tetti di spesa assegnati e oltre il limite massimo di spesa previsto dalla vigente normativa nazionale sulla riduzione dell'acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera, in un'ottica di spending review, con obiettivi di contenimento della spesa pubblica, per tutte le regioni e province autonome " .
I punti contestati in materia sanitaria, nell'articolo 3 in diversi commi, prevedono infatti che le risorse residue nei bilanci di Ats in liquidazione, circa 3,3 milioni di euro, siano trasferite all'Ares e che l'Ares poi destini in totale 5,8 milioni, a valere sul 2024, agli enti erogatori privati, facendo riferimento alla legge 1 del 2023. " Le risorse non utilizzate di cui al tetto di spesa assegnato per il 2020 per l'assistenza ospedaliera - si legge nella norma richiamata dalla Regione - possono essere ridistribuite tra gli erogatori privati accreditati che abbiano prodotto un'attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell'anno 2021 e per incrementare il tetto di spesa dell'assistenza ospedaliera nell'anno 2023 ".
Tutto ciò " anche oltre i limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali - era la posizione della giunta -, in quanto la Regione provvede con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria ". Ma per il governo non è vero: la norma sulla riduzione dei volumi di acquisto delle prestazioni dai privati vale per tutte le regioni (anche quelle a statuto speciale) e le province autonome e, soprattutto, " costituisce norma di coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 117, terzo comma della Costituzione ”. Per questo " non prevede la possibilità di deroga, anche se la regione fornisce con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria - scrive il Cdm nell'impugnazione -, considerato che le disposizioni si applicano al fine di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica ”.