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“Abbiamo un’idea razionale della malattia. La gestiamo così bene che qualcuno la sta persino negando. Ma quel numero così alto di morti ci ha disorientato. E all’inizio abbiamo pensato che fosse proprio il numero, la quantità. E invece è una questione di qualità”
Giovedì 9 maggio si è tenuto l'ultimo degli appuntamenti previsti, al teatro Akinu Congia di Sanluri, dal ricco cartellone del Cedac.
In scena l'attore, regista, scrittore e drammaturgo Ascanio Celestini, che -accompagnato dalla fisarmonica di Gianluca Casadei- porta in scena “I parassiti- Un diario nei giorni del Covid 19 ”: un tentativo di metabolizzare e riumanizzare quel periodo tanto assurdo e disumano, cercando di conferire una qualità al di là della quantità, della proliferazione di numeri, dati e statistiche.
Ed è proprio il senso di umanità il filo conduttore che si percepisce fin dal prologo, dove l’attore rivendica la necessità del contatto umano per il teatro: “Non si può fare teatro a distanza, online. Non a caso, la parola teatro indica sia il luogo dia il mestiere sia, figuratamente, il pubblico, che decide di esserne fruitore”.
Appena quattro anni sono passati, eppure le atmosfere che Celestini evoca sembrano -oggi in particolare nel teatro pieno- così distanti e surreali.
Nato come diario scritto durante la pandemia, con la consapevolezza dell’autore della difficoltà del progetto (per la sua mancanza di costanza), il senso dello spettacolo, è il desiderio di ridare normalità all’eccezionale: compiendo un percorso inverso a quello dei giornalisti che rendono straordinario l’ordinario, Celestini vuole rendere ordinario lo straordinario.
La nostra storia si intreccerà a quella di una coppia di anziani, che da un giorno all’altro si ritrovano ad essere due unità separate, una portata via dal Covid e l’altra, superstite col dolore della perdita; di una figlia a cui viene strappata la madre dal virus, che ritrova una piccola felicità nel raccogliere le margherite cresciute selvagge e indomite dietro al cimitero in quei giorni in cui l’essere umano è relegato in casa e la natura ha preso il sopravvento; e -infine- di un uomo che assaggia un boccone di libertà e solitudine tornando sul lungomare di Lavinio, dove andava da bambino, con suo padre e suo fratello, a passare l’estate.
Storie di tutti i giorni, che fan riflettere sui vecchi discorsi ma sempre da fare, perché il passato è lì e non si può cancellare -come racconta lo stesso Celestini ai nostri microfoni-. Bisogna imparare a farci i conti, traendone insegnamenti per affrontare e attualizzare il presente.
NEL VIDEO L'INTERVISTA AD ASCANIO CELESTINI