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Oggi è il giorno di Paolo Palumbo, il giovane chef di Oristano, 21 anni, malato di Sla dall’età di 17.
Sul palco dell’Ariston porterà, insieme a Kumalibre e Andrea Cutri che dirigerà l’orchestra, il brano dal titolo “Io sono Paolo”.
Canterà attraverso un riproduttore vocale sonoro che funziona grazie a un sensore ottico.
“Che giornata di emozioni! Come potete ben vedere in questa foto sono con la coppia che ha fatto e fa sognare milioni di italiani e di persone in tutto il mondo”, ha scritto ieri, nel corso della prima giornata del Festival su Facebook. “Descrivere le emozioni è veramente impossibile ma il mio cuore è impazzito! Ricevere i baci e l'affetto materno di Romina è stato fantastico e avere la mano di Albano che stringeva la mia con un intenso calore. Che adrenalina e felicità. Sono euforico per la mia esibizione. Vi mando un abbraccio e vi ho con me nel cuore”.
Ad accompagnare Paolo in questo viaggio ricco di emozioni c’è anche il fratello Rosario, sempre al suo fianco. Un legame bellissimo e prezioso il loro, che avevamo racconto attraverso un’intervista che oggi vogliamo riproporvi per raccontarvi chi è Paolo Palumbo.
- Ci descrivi tuo fratello?
“Paolo è un guerriero, ha un carattere forte ed è di indole più combattiva di me. E’ stato così fin da piccolo e questo lo ha aiutato con la malattia: se non fosse stato una roccia non so come l’avrebbe presa. Sognava di fare lo chef e di frequentare l’accademia di Gualtiero Marchesi, ma la SLA si è presentata pochi mesi prima che iniziasse a fare i test di ingresso.”
- Ci descrivi la malattia di tuo fratello, come tu l’hai vissuta e come la stai vivendo?
“La SLA è una malattia che colpisce i muscoli: i 5 sensi funzionano perfettamente, ma non si può più muovere il corpo. Questo porta ad una serie di limiti come l’impossibilità di camminare, parlare, deglutire, il deterioramento della respirazione… Si diventa prigionieri del proprio corpo, e tutte le persone intorno diventano in un certo senso “prigioniere” di quel corpo perché chi è malato di SLA non va lasciato solo nemmeno per un secondo.
Dal giorno della diagnosi per me non c’è stato alcun dubbio: dovevo stare accanto al mio fratellino e diventare le sue braccia e le sue gambe. Non è un peso, non è una rinuncia, dopo tre anni posso dire che è stata la miglior scelta che potessi fare.”
- Come hai vissuto la decisione di tuo fratello di fare lo sciopero della fame?
“Paolo è un ragazzo intelligente e sa quello che fa. Il suo corpo lo rende un disabile, ma la sua mente è abile di pensare, di ragionare e soprattutto di prendere decisioni. Dire che sono fiero di essere le sue gambe e le sue braccia, e poi mettermi tra lui e le sue decisioni, sarebbe ipocrita. Motivo per cui quando ha deciso di fare lo sciopero della fame, sapevo ciò che avrebbe comportato, ma ho rispettato la scelta di mio fratello e la rispetto anche ora che lo ha interrotto.”
- A chi vorresti parlare in particolare per spiegare la vostra situazione?
“I malati di SLA sono una piccola percentuale (anche se in aumento). Quindi vorrei rivolgermi alla maggioranza che non sa nulla di questa condizione terribile e dire: ricordatevi che nessuno ne è immune. Fino al giorno prima della diagnosi, non sapevamo nemmeno dell’esistenza della SLA, quindi ora che lo sappiamo bene vogliamo dire a tutti: investite sulla ricerca, informatevi, tutelate voi stessi ed i vostri cari, perché le malattie non guardano in faccia nessuno.”
- Ci descrivi una giornata di Paolo?
“La sua giornata è strettamente legata alla mia. Solitamente ci svegliamo tardi, verso le 12-13, perché le notti sono molto dure: si sveglia spesso, ci chiede di girargli la testa e sistemargli le gambe. Dopodiché fino alle 17 riceviamo la visita della fisioterapista e guardiamo qualche programma di cucina sull’Ipad. Verso le 17:30 spostiamo Paolo in salotto, sulla sua amata poltrona, dove può finalmente usare il comunicatore ottico e servirsi della voce robotica componendo le frasi con il puntatore ottico. Viene costantemente nutrito con i sali minerali ed aiutato dalla respirazione artificiale. Poi aspettiamo la sera ed andiamo a letto verso le 2 di notte.”
- Paolo, mi rivolgo ora a te, c’è qualcosa che vuoi dire apertamente a tuo fratello?
“E’ difficile parlare della sua nobiltà d’animo quando non si vivono personalmente certe situazioni. Rosario ha fatto e continua a fare così tanto da rendere impossibile un ringraziamento che equivalga alla sua dedizione per me. Ha reso belli i momenti difficili, mi ha tolto dalle insidie della solitudine, ha annullato tutti i suoi piani pur di prendersi cura del fratello minore. Sempre sorridente, sempre dolce, sempre attento, sempre fiero di esserci. Molti dicono che sia io l’eroe di questa storia, ma penso sia più giusto che sia lui ad essere considerato come tale.”
- Cosa vuol dire 'avere una speranza'?
“Vuol dire che se prima il futuro aveva un aspetto oscuro, ora ha un aspetto umano. Sono giovane, pensate che la SLA mi ha tolto tutto quando ero nel fiore degli anni: nell’età in cui i ragazzi fioriscono, io sono stato chiuso forzatamente in un sarcofago. Una terapia, seppur in fase sperimentale, significa che qualcuno sta cercando di far filtrare della luce in questo buio quotidiano. Quindi avere una speranza significa vedere la prospettiva di qualcosa di bello, e non qualcosa di prevedibile e negativo".