Sono entrati nell'immaginario collettivo come creature mastodontiche, bestie affascinanti e antichissime, simbolo della preistoria, esempio iconico di animale estinto. I mammut erano grossi proboscidati imparentati con gli odierni elefanti, caratterizzati da lunghe zanne ricurve e, nelle specie settentrionali, da un lungo vello che ne ricopriva il corpo. Vissero dal Pliocene (circa 4,8 milioni di anni fa) fino a circa 3.500-4.000 anni fa, quando si estinse la maggior parte delle specie.

Una spiegazione condivisa per la loro estinzione non è ancora stata raggiunta. Ma, sebbene il dibattito resti aperto, la gran parte degli studiosi ne attribuisce le cause a ragioni climatiche o alla eccessiva caccia da parte dell'uomo.

MAMMUT SARDO. Sapevate che anche la Sardegna fu popolata da una specie autoctona di mammut? Il mammut nano sardo (Mammuthus lamarmorae) visse in Sardegna e probabilmente anche in Corsica durante il Pleistocene. Prende il nome dal generale e naturalista piemontese Alberto La Marmora.

L'animale, con tutta probabilità, non superava i 150 cm al garrese, un'altezza ridotta rispetto alle altre specie e ipotizzata facendo il raffronto con altri proboscidati insulari e partendo dalla conoscenza della lunghezza dell'omero del mammut sardo (circa 45 centimetri). Il peso doveva aggirarsi fra i 700 e gli 800 kg. La morfologia delle ossa del carpo e del tarso è simile a quella del mammut delle steppe (Mammuthus trogontherii) più che a quella dell'elefante delle foreste (Palaeoloxodon antiquus), anche se la forma delle articolazioni può cambiare molto durante l'adattamento a differenti ambienti.

I molari del mammut nano sardo erano relativamente piccoli, con uno spesso strato di smalto e con una frequenza lamellare ridotta. Nonostante tali adattamenti, il grado di ipsodontia e le caratteristiche dello smalto e delle lamelle sono più simili a quelle dei mammut che a quelle degli elefanti.

SCOPERTA. È specie una endemica, probabilmente discendente dall'antenato continentale Mammuthus trogontherii. A differenza degli elefanti nani presenti nelle altre isole del Mediterraneo, considerati paleoloxodontini e imparentati con Palaeoloxodon falconeriPalaeoloxodon cypriotes ed Elephas chaniensis, le tracce del mammut sardo (unico mammut endemico d'Italia) sono state ritrovate sin dal XIX secolo in diverse zone dell'Isola.

Resti fossili furono rinvenuti ad Alghero (Tramariglio), Gonnesa (località Funtana Morimenta), Sinis (Capo San Marco). I resti fossili di questo animale sono purtroppo frammentari. Oltre a sporadici ritrovamenti di denti isolati, infatti, l'unico esemplare di cui possediamo parte dello scheletro è quello ritrovato presso Gonnesa alla fine dell'800, durante i lavori di costruzione della ferrovia. In quell'occasione furono recuperati alcuni frammenti degli arti, del bacino, alcune vertebre, costole e la mandibola. I resti sono andati parzialmente dispersi, qualche reperto è invece finito in musei esteri, altri ancora in musei italiani. I calchi di buona parte delle ossa ritrovate a Gonnesa sono oggi esposti nel Museo PAS (PaleoAmbienti Sulcitani) di Carbonia. Nel 2016, nei pressi di Alghero, c'è stato un ulteriore ritrovamento di resti fossili che hanno confermato quanto anticipato dai paleontologi nell'800.

CLASSIFICAZIONE. La prima descrizione di quello che oggi è indicato come Mammuthus lamarmorae fu pubblicata nel 1883 da Charles Immanuel Forsyth Major, che utilizzò il nome Elephas lamarmoeae. Egli vide un chiaro collegamento con il mammut meridionale (Mammuthus meridionalis), a sua volta classificato allora come Elephas meridionalis. I resti considerati erano quelli trovati a Funtana Morimenta, attualmente conservati al museo di storia naturale di Basilea. In seguito a nuovi ritrovamenti di denti nel ventesimo secolo, divenne chiara l'appartenenza al genere Mammuthus.

ATTENZIONE E CURIOSITA'. "Complessivamente, è stato trovato uno scarso numero di resti di mammut sardo, riferibili a denti e limitate porzioni dello scheletro. Pertanto, ogni nuovo ritrovamento, come la parte di tibia oggetto dello studio, ha la sua importanza per approfondire le conoscenze su questo elefante", spieg a National Geographic a Marco Zedda, archeozoologo del Dipartimento di Veterinaria dell'Università di Sassari. "Nell'immaginario collettivo, il mammut è considerato un mammifero di enormi dimensioni e legato ad ambienti molto freddi. Il fatto che fosse presente anche in Sardegna, con una specie caratterizzata da una statura più bassa di una persona media, suscita curiosità e interesse", aggiunge Zedda.

Ciò che più interessante gli studiosi è capire come i mammut possano essere arrivati in Sardegna rimanendovi per un determinato periodo, adattandosi al nuovo ambiente e riducendo le proprie dimensioni subendo il fenomeno evolutivo del cosiddetto "nanismo insulare", osservato in tante isole e specie diverse a livello mondiale.

"Tra i 'giganti in miniatura', i più affascinanti e diffusi in ambienti insulari sono indubbiamente gli elefanti, che, nel corso del Quaternario, tra circa 800 mila e 3.500 anni fa, hanno abitato varie isole del Mediterraneo, raggiungendole casualmente a nuoto dal continente, avendone le capacità come gli attuali elefanti", spiega sempre a National Geographic Maria Rita Palombo, paleontologa dell'Università La Sapienza di Roma e dell'istituto IGAG del CNR. "Il progenitore continentale degli elefanti sardi - precisa l'esperta - era il cosiddetto mammut di steppa (Mammuthus trogontherii), alto circa 3,9 metri al garrese, con un peso di 9 tonnellate, che, presumibilmente, raggiunse la Sardegna durante una fase glaciale, quando l'abbassamento del livello marino determinò una riduzione della distanza tra le coste insulari e dell'Italia continentale".