“Parlare di Province, dal 2012, significa affrontare un tema oltremodo divisivo. Un tema che ha passato il vaglio di due referendum - uno regionale e uno costituzionale - che, piaccia o non piaccia, hanno dato esiti diversi.  Il primo, nel 2012 ne aboliva 4 e dava l’indicazione di abolire le altre 4; il secondo le confermava in Costituzione”.

Così il presidente di Anci Sardegna Emiliano Deiana al termine dell’incontro di ieri, 23 luglio, in Commissione I del Consiglio Regionale sulla nuova organizzazione del sistema istituzionale della Sardegna.

“Ad oggi le province – continua - sono un organo costituzionale secondo quanto previsto dal Titolo V della Costituzione e dalla Legge 56 (Legge Delrio).  Il Consiglio Regionale oggi propone di ripristinare le province di Olbia-Tempio, del Sulcis-Iglesiente e dell’Ogliastra e di trasformare la provincia di Sassari in “città metropolitana” con tutti i suoi 66 comuni; confermare gli assetti provinciali di Nuoro e Oristano, di confermare la provincia del Sud Sardegna e la città metropolitana di Cagliari con 17 comuni”.

La posizione di Anci Sardegna. “Cosa abbiamo detto: Se si mantiene il pachiderma regionale così come è anche una sola provincia potrebbe apparire superflua. Se si punta su un assetto “territorialista” come quello proposto dal Consiglio Regionale la logica conseguenza è la cessione di risorse, competenze e personale dalla Regione verso le (ri)nascenti province.  Appare pertanto irrinunciabile la riforma delle riforme che è quella della Regione: un pachiderma che ancora svolge funzioni amministrative in spregio alla Costituzione e allo Statuto (leggasi articolo 44).  Riforma della LR 1/1977; completamento del “federalismo interno” iniziata con la LR 9/2006 e rimasta in gran parte inattuata”.

“Altro punto che abbiamo toccato – spiega Deiana - non è solo procedurale, ma di sostanza politica e riguarda l’applicazione dell’articolo 43 dello Statuto (colpevolmente sovvertito dall’iniziativa referendaria del 2012 nella quale in luogo della consultazione per singola provincia venne “preferita” la consultazione regionale nella quale porzioni di elettorato votarono per abolire le province degli altri e non le proprie). Il Consiglio Regionale propone uno schema sui quali - sulla falsariga di ciò che avvenne con l’articolo 5 della LR 4/97 - i Consiglio Comunali si esprimono, con maggioranze qualificate, per approvarlo o rigettarlo ovvero con una consultazione referendaria della popolazione comunale. Sarebbe utile, ad esempio, chiedere ad Anglona, Goceano, Logudoro o Meilogu cosa pensano della propria adesione alla Città Metropolitana di Sassari. Naturalmente, per quanto riguarda il Sulcis, la Gallura e l’Ogliastra c’è una richiesta forte delle rappresentanze istituzionali, sociali ed economiche verso il principio di autodeterminazione; permangono problemi, viste le istanze che arrivano dal territorio, nella Provincia del Sud Sardegna un’entità mai nata davvero sulla quale si ipotizza una richiesta massiva da parte dei comuni di adesione alla Città Metropolitana di Cagliari (sulla falsariga di ciò che accadrebbe su Sassari e che accade, secondo la Legge 56 Delrio, in Italia); ovviamente - a parere nostro - la decisione sarebbe lasciata ai territori con la procedura di consultazione che è stata indicata alla Commissione”.

Conclusioni. “Come detto prima: se non si lavora a una radicale riforma della Regione anche una sola provincia sarebbe superflua in un sistema ipercentralistico come quello sardo; molte altre “formule” istituzionali si sarebbero potute sperimentare - esclusa l’abolizione totale delle province confermata dal referendum costituzionale del 2016 - in Sardegna, compreso il “modello Trentino”, ma il Consiglio Regionale preferisce proporre un sistema composito frutto anche di “compensazioni” territoriali. Un sistema, ed è il rischio che abbiamo segnalato con la metafora calcistica, che potrebbe disegnare istituzioni locali di Seria A, di Serie B e di Serie C. Pertanto, a partire dalla questione centrale delle “aree interne”, dello spopolamento e della desertificazione umana, economica e civile dei nostri paesi, occorre prevedere elementi di perequazione forte verso le aree più fragili della nostra regione. Adesso spetta all’Aula confrontarsi e verificare se ci possano essere ulteriori miglioramenti che disegnino un sistema funzionante per i cittadini e non per i soli addetti ai lavori.  Adesso il Consiglio Regionale farà le sue valutazioni e assumerà le proprie decisioni”.