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Pattada è un belvedere naturale adagiato da Dio con dolcezza sulla terra per deliziare gli occhi di chi ama perdere lo sguardo all’orizzonte, e gonfiare di emozione i polmoni di chi vuol vedere cose grandi. C’è chi dice che da Olbia, nelle notti d’estate, quando il cielo è pulito, si riesca a scorgerne in lontananza il bagliore delle luci. Ma questa, probabilmente, è una leggenda. Certo è che a Pattada, Dio, ha regalato una tribuna d’onore per godere delle meraviglie del mondo. Affacciarsi alle muraglie del colle dove sorge la chiesetta di San Gavino non è roba per i deboli di cuore.
A nord il Limbara, moderno Giudice di Gallura, con le sue pendici ruvide e taglienti. A ovest la piana di Chilivani, sterminata e poi inghiottita dal Monte Santo che protegge Sassari da sguardi indiscreti. A est Buddusò incastrata in mezzo a blocchi di granito, la valle del Tirso e gli altipiani di Alà. A sud le rocce del Goceano. E poi, ancora più lontano, la Barbagia, terra misteriosa e sacra, il Montalbo di Lula, la vetta di Tepilora. E un cielo immensamente grande che la sera si tinge di rosso e colora di sfumature vermiglie le case del paese bagnandole poi, la mattina all’alba, di una luce bianca e bluastra come i colori del lago in cui si specchiano vanitose.
Da lì, dal lago, emerge con prepotenza il Monte Lerno, gigante, maestoso e severo, testimone antico di civiltà passate. Non è un luogo incantato o un villaggio delle fiabe, Pattada, ma una perla incastonata nel cuore del Mediterraneo, al centro di quella terra che i greci chiamarono Hyknusa(letteralmente: impronta) per la forma irregolare e compatta delle sue coste che ricorda quella dell’orma lasciata da un piede sulla sabbia. In questa borgata fiera che guarda a Nuoro con il petto in fuori, le mani capaci degli artigiani hanno saputo domare il metallo e i cervelli sapienti dei poeti hanno grattato la carta con le loro penne riversandovi stille d’inchiostro del loro animo sensibile e irrequieto.
I coltelli e la poesia, ossatura di un paese robusto che quando ci sei sotto lo vedi tutto e sembra caderti addosso. Poi, mano mano che segui le sue strade in salita e gli entri in pancia, diventa più garbato ed amico. Le palazzine eleganti in stile liberty, ogni tanto, ne abbelliscono il volto come gli orecchini il viso di una donna. Una piazza generosa e solare dalla quale si staglia il campanile del Rosario, una stilettata dell’uomo a voler tagliare le nuvole. E alla fine, in testa alla collina, un’oasi di pini, cedri e abeti che quando nevica si vestono di bianco simulando paesaggi scandinavi.<