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È la Sardegna a guidare la rivolta dei benzinai italiani che chiedono un guadagno lordo più congruo rispetto ai 2-3 centesimi al litro attualmente pagati.
Il Gruppo spontaneo dei gestori, che aveva già suscitato l’attenzione del settore in tutta Italia, ha ora deciso di passare all’azione e ha proclamato uno sciopero di 72 ore che partirà dalla mezzanotte di lunedì 20 maggio.
E questa volta resteranno chiusi anche i self service: per tre giorni sarà impossibile rifornire nelle stazioni di servizio, almeno 250 dei 320 impianti in tutta l’Isola, che hanno aderito.
Facile ipotizzare che nei giorni precedenti ci sarà la corsa al pieno, soprattutto da parte di chi utilizza il proprio mezzo per lavoro.
Resteranno in funzione solo le cosiddette “pompe bianche”, ovvero le stazioni che non fanno parte del circuito delle compagnie di distribuzione di carburante più note.
Per mercoledì 22 è anche prevista una manifestazione sotto la Regione, ma i benzinai pensano già a portare la protesta a Roma.
“La decisione arriva dopo le prime riunioni a Tramatza e la constatazione - dicono i promotori del Gruppo spontaneo presieduto da Giovanni Zidda – perché non c’è stata alcuna risposta al documento inviato tramite uno studio legale cagliaritano al premier Conte, al ministro dello sviluppo economico Di Maio, al ministro dell’ Interno Salvini e, per conoscenza, alla Regione sarda, con una richiesta base l’attivazione di un tavolo tecnico nel quale poter ricalcolare il margine di guadagno per litro, con l’obiettivo di portarlo almeno a 10 centesimi, cifra individuata come quella minima per consentire di gestire le aziende con una sufficiente tranquillità”.
“Nella lettera – continuano - si parlava della inadeguatezza del margine per litro che spetta ai gestori (2-3 centesimi, una cifra irrisoria se paragonata alle 80 lire dei primi anni 80) mentre i costi di gestione sono aumentati a dismisura, insieme alle incombenze richieste da legge e compagnie petrolifere. Viene contestalo anche il cosiddetto differenziale tra carburante “servito” e il self service, che parte dai 20 centesimi e arriva ai 40 centesimi in più e che viene incamerato per il 95% dalle compagnie nonostante il lavoro sul campo sia sulle spalle dei benzinai”.
“Si tenga conto – spiega ancora i promotori del Gruppo spontaneo - che l’erogato medio dì ogni stazione di servizio in Italia è di 1 milione di litri e pertanto il reddito lordo di tale vendita sarebbe pari a 25miia euro annui, sui quali si devono pagare poi i costi base e variabili quali commissioni bancarie per l’utilizzo del Pos e i conti correnti, contributi Inps, Inali, utenze, tasse, oltre naturalmente al costi dei dipendenti”.
Secondo alcuni dei promotori della protesta, al gestore di una stazione del genere resterebbero in tasca 7-800 euro, “assolutamente inadeguati all’enorme mole di incombenze. Una situazione, dicono, che potrebbe portale presto al tracollo della categoria”.
Nella lettera, i promotori del Gruppo spontaneo presieduto da Giovanni Zidda hanno richiesto di avere una rappresentanza ai tavoli slegata dai sindacati.