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E’ stata presentata nella chiesa Romanica di San Giuliano la 54^ edizione dell'Antico Sposalizio Selargino.
Durante la conferenza stampa, alla presenza degli organizzatori dell’evento, dell’Amministrazione comunale di Selargius e dei giornalisti, gli sposi Alessandro Siddi e Giovanna Ledda hanno potuto raccontare le emozioni che stanno vivendo in questi giorni di attesa, prima della grande festa in programma per domenica 14 settembre.
Lo Sposalizio Selargino
Articolo tratto dal sito della Pro Loco di Selargius
La rievocazione dell'antico Sposalizio selargino è una grande festa di folklore, ma nel suo significato più autentico è un ritorno nel passato delle tradizioni della Sardegna.
A Selargius rivivono per un giorno lo sfarzo e i colori delle cerimonie nuziali del Campidano in quello stesso scenario che, per la prosperità contadina e mercantizia, fu sempre teatro di esaltanti manifestazioni di vita e di popolo. Si rivedono, come in una toccante sequenza filmica, quei momenti e gesti del matrimonio, codificati dalla memoria storica, che furono espressione di una cultura permeata di profonda sacralità e dello spirito di una comunità che visse sempre, come fatto proprio, ogni accadimento della vita dei singoli individui.
Questo coinvolgimento di tutto un paese e questo senso della coralità, sono i segni che più immediatamente vengono colti dallo spettatore che assiste alle varie fasi in cui si volge lo Sposalizio Selargino. Il momento iniziale è la "benedizione" dello sposo e della sposa, che avviene contemporaneamente sul limitare delle rispettive case natie, innanzi alla folla di parenti e vicini di casa.
Qui i padri e le madri, a turno, aspergono di manciate di grano e sale i capi dei propri figli inginocchiati, ed esprimono con formule di antica sapienza, gli auguri di prosperità e di conoscenza delle virtù morali; poi baciandoli prima che lascino per sempre il tetto paterno, rivolgono loro gli ultimi ammonimenti.
Nella seconda fase i cortei dei due, per un pò ancora "bagadius" e quindi non sposati, si muovono per incontrarsi sul sagrato della chiesa madre. Durante questa lunga e gioiosa sfilata per le vie del paese i fidanzati, a braccio dei padri, ricevono gli auguri dei compaesani; talune popolane tenendo in mano un piatto di sale e grano, ripetono le formule di benedizione, indirizzano loro nuovi voti e consigli e infine, tra gli applausi degli astanti, rompono sul selciato il piatto, ripetendo così un remotissimo rito magico per propiziare la fortuna a chi si appresta a formare una nuova famiglia. Unitisi sul sagrato, i cortei fanno il loro ingresso nella chiesa, accolti dalle musiche solenni degli organi e delle "launeddas".
Qui secondo il rito di Santa Romana Chiesa, in lingua sarda, come nella tradizione degli avi, si celebra il matrimonio, legando gli sposi per la catena nuziale, "sa cadena", simbolo del vincolo perpetuo instaurato dal sacramento.
Ormai divenuti coniugi, "cojaus", i protagonisti della grande festa, irrompono nuovamente sul piazzale della chiesa, accolti dal fragore degli applausi e dalle urla del popolo in costume. Accompagnati dal celebrante, fanno ingresso nella vicina chiesetta medioevale di San Giuliano, per vergare una "promessa" d'amore innanzi alle autorità del paese e ai Confratelli del Rosario, i quali la custodiranno in un'artistica teca per un quarto di secolo.
Si dirigono quindi verso la loro nuova casa, accolti dalle due madri che, sole e silenziose, avevano qui atteso il rientro dei propri figli per impartire loro l'ultima commovente benedizione e dare l&#