Oggi ha finalmente una vita normale, la sua voglia di raccontare ciò che le è accaduto vuol’essere un monito preciso alle persone per prestare più attenzione, la sua paura più grande era quella di perdere la vista. Leggete la sua storia su Sardegna Live. Buona lettura. (A.C.) 

Silvia Cogoni ha 30 anni, si siede di fronte al cronista e il suo esordio per, come dire,  “rompere il ghiaccio” è: se mi avessero chiesto ‘conosci i pericoli dell' indossare le lenti a contatto?’ Avrei risposto.. ‘ma le uso da 13 anni e non è mai successo nulla’. Nessuno ci avvisa in maniera approfondita – ammette Silvia -  noi tendiamo ad informarci poco senza leggere le avvertenze e le controindicazioni, le mie colpe sono state farne un uso prolungato senza preoccuparmi di quali danni potevo creare all'occhio, non cambiare il portalenti ogni 2 mesi e non pulire perfettamente le mani prima di metterle ma questa volta è stato decisivo entrare in acqua con indosso le lenti a contatto.

L’acqua, è lì che quel protozoo aspettava e mi ha trovato. Ero in vacanza in Portogallo quando è iniziato il mio calvario, ma l'ameba era già nell’occhio da almeno due settimane nonostante non avessi notato nulla di strano,  all' improvviso una mattina  l'occhio non sopportava più la luce, convinta fosse congiuntivite presi un collirio specifico ma l'occhio non migliorava. 

Il calvario

“Passarono così 4 giorni, atterrata a Cagliari, mi recai subito al pronto soccorso Oculistico, la diagnosi fu cheratite, da curare con tre colliri. La situazione però degenera, l occhio diventa rosso sangue, brucia e mi rendo conto di non veder più bene, ritorno dopo tre giorni di cure (purtroppo sbagliate) in ospedale e mi viene confermato il netto peggioramento, non sanno dirmi cos' ho esattamente ma mi cambiano un collirio,  insomma era un altro tentativo di cura”.

Decidiamo perciò di recarci da un oculista di fiducia a Oristano, il dottor Sanna (che mi accoglie di domenica alle 20) al telefono aveva capito quanto potesse esser grave e di persona lo conferma, sospetta si tratti di Acanthamoeba ci dice di andare d'urgenza a Sassari e di farmi visitare da Dott. Pinna uno Specialista in infezioni rare, ci fidiamo e l' indomani mattina siamo a Sassari.  I sospetti erano fondati, a Sassari mi fanno subito un tampone corneale, ma dottor Pinna aveva pochi dubbi al 90% è Acanthamoeba e le analisi infatti lo confermeranno".

Cos è l’Acantamoeba? Un protozoo raro ma gravissimo, si trova sopratutto nell'acqua, viene definito il "mangiatore della cornea", la scava ed è resistente anche alle condizioni più estreme.

La cura? Nessuna confermata, ma i casi dicono che la combinazione di phmb (non in commercio) e clorexidina possono uccidere il parassita. Insomma ci si affida al medico e si spera che il parassita non perfori drasticamente la cornea e non arrivi al nervo ottico.
Conseguenze: trapianto di cornea o cecità: "I miei primi due mesi trascorrono in penombra - racconta Silvia Cogoni - non posso uscire di casa, la luce è insopportabile, l'occhio resta chiuso, quando forzando lo apro vedo totalmente bianco e i dolori sono sempre più forti vado avanti con gli antidolorifici sperando di uscirne nel migliore dei modi.  È finita dopo 8 mesi di cure e controlli continui a Sassari, durante i mesi i miglioramenti erano lenti ma c'erano, la vista era in recupero, il dottore e il suo staff sembravano più tranquilli e io ero di nuovo ottimista". 

I medici

"Sono uscita indenne solo perché ho trovato due professionisti capaci di riconoscere subito quest' infezione rara, purtroppo però circa l’85% delle persone è costretta a fare il trapianto di cornea e altri non hanno più recuperato la vista, riconoscere quest'infezione è difficile e se non si inizia la cura giusta in breve tempo purtroppo questo è l'epilogo. 
Spero che la mia esperienza porti a non sottovalutare mai i fastidi agli occhi, anche i più banali possono nascondere cheratiti gravi, e ad informarsi bene sui pericoli delle lenti e del loro uso improprio”