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Da sempre innocente, ma assolto solo da poche ore, dopo 33 anni trascorsi in carcere per un errore giudiziario, Beniamino Zuncheddu si sentiva come "un uccellino in gabbia, senza la possibilità di fare niente", e si è mai ravveduto, proprio perché non aveva fatto nulla, nemmeno quando gli dicevano: "se ti penti ti diamo la libertà".
Lo ha raccontato nel corso di una conferenza stampa organizzata nella sede del Partito radicale, a Roma. Nel 1991, quando aveva 27 anni e faceva l'allevatore, era stato condannato all'ergastolo perché accusato di essere l'autore della strage di Sinnai, in provincia di Cagliari, dove furono uccisi a colpi di fucile tre pastori.
Quel giorno di gennaio, un'altra persona rimase gravemente ferita: Luigi Pinna. Lo stesso che nel febbraio 1991 indicò Zuncheddu come colpevole, l'uomo oggi libero "per non aver commesso il fatto", come stabilito ieri dalla Corte d'Appello di Roma al termine del processo di revisione. All'incontro con la stampa, erano presenti anche i tanti familiari arrivati dalla Sardegna. Tra loro, in prima fila, c'era Augusta, la sorella di Beniamino che, a margine della conferenza, ha ricordato come negli ultimi 33 anni non ci sia stato "un minuto che non sia stato brutto" ed è per questo che ora "ricominceremo a vivere".
A tenere alta la speranza di Zuncheddu è stata "la fede", ha sempre sognato arrivasse questo momento e che tornasse a essere libero. E ora che finalmente lo è - una sensazione che descrive come "inspiegabile" - si riposerà "almeno mentalmente" e si curerà, "sto troppo male", dice. Per quanto riguarda i suoi accusatori, non prova rabbia e odio per nessuno, questo perché crede che siano vittime come lui. "Non è colpa loro - ha spiegato - ma del poliziotto che fa parte dell'ingiustizia".
Il riferimento è all'agente di polizia che, secondo quanto raccontato da Pinna in una testimonianza, prima "di effettuare il riconoscimento dei sospettati" ha mostrato la foto di Beniamino al sopravvissuto, accusandolo della strage. Zuncheddu non sa ancora come verrà accolto dal suo paese d'origine, intanto le campane dopo l'assoluzione sono suonate a festa, come ha raccontato il sindaco di Burcei, Simone Monni. Se in passato era "la stella che tra le nubi non brillava quanto avrebbe dovuto" ora si è creata "una costellazione, un allineamento di più forze", ha spiegato.
Il paese è diventata una famiglia, dove "uno si sostituisce all'altro e tutti sono importanti". Per la garante regionale della Sardegna e tesoriera del Partito radicale, Irene Testa, adesso bisogna "insistere affinché" il risarcimento "avvenga in tempi rapidi". Il segretario del Partito radicale, Maurizio Turco, ha poi definito questa giornata come una "contro - inaugurazione dell'anno giudiziario".
Nelle stesse ore in cui si svolgeva la conferenza stampa era, infatti, in corso l'assemblea proprio alla Corte d'Appello di Roma. Quarant'anni dopo il caso Tortora, "mai avremmo immaginato che ci sarebbe stato un degrado della giustizia a questi livelli", ha aggiunto il segretario. Secondo l'avvocato di Zuncheddu, Mauro Trogu, "dal punto di vista giuridico non era così difficile" ottenere il risultato di ieri e, quindi, l'assoluzione, lo era invece da un punto di vista "politico perché significava ammettere l'errore".