PHOTO
Diversi locali inutilizzati. Due sale che potrebbero essere adibite a pronto soccorso e chirurgia d’urgenza, con l’attivazione frenata dalle lungaggini della burocrazia. Spazi per le sale operatorie ancora inattivi. Alcune strutture realizzate grazie al project financing che non sono ancora entrate in funzione, nonostante siano state predisposte per i pazienti del territorio. Non basta. La mancanza di un servizio di ortopedia e traumatologia, in un distretto popolato per la gran parte da anziani. Sono queste le criticità dell’ospedale San Camillo di Sorgono, riscontrate questa mattina durante un sopralluogo dal consigliere regionale di Forza Italia e componente della commissione Sanità Edoardo Tocco.
"E’ folle pensare ai tagli o, peggio ancora, alla chiusura di un ospedale che dovrebbe essere uno dei complessi da difendere della sanità isolana - dice Tocco - visto che ci sono degli spazi utili per gli utenti del territorio, che richiedono cure ed assistenza".
Soddisfatto della perlustrazione nel presidio anche il sindaco di Sorgono Giovanni Arru. "La rete dei piccoli ospedali in Sardegna garantisce assistenza e servizi all’avanguardia per territori molte volte isolati dai collegamenti. Sorgono è un modello di funzionalità ed efficienza".
Un gioiello per il centro del Mandrolisai e per i paesi limitrofi. "Si tenga conto - prosegue Tocco - che la qualità dei servizi erogata dai presidi sardi distribuiti sul territorio supera di gran lunga gli standard previsti dalla media nazionale, con reparti specializzati in diverse divisioni. Questo presidio rappresenta un impianto che fornisce delle prestazioni indispensabili per gli utenti di un distretto lontano dai poli ospedalieri del cagliaritano. E’ impensabile, dunque, concepire delle sforbiciate su questo complesso".
"Ovviamente la Regione dovrà fare in modo di contrastare il piano di eliminazione varato dal Governo - evidenzia e conclude Tocco -. La linea della Sardegna non può che essere diversa. Non si possono penalizzare i territori. Occorre un disegno volto a salvaguardare i piccoli presidi per il bene dei cittadini, ai quali non possiamo chiedere di spostarsi a decine di chilometri di distanza quando hanno necessità di cure mediche. Devono essere invece i medici e i sanitari, all’interno di un piano di mobilità, a raggiungere i cittadini e non viceversa".