Fonni, centro della Barbagia di quasi 4mila abitanti: un’economia, la sua, che spazio dall’agricoltura e pastorizia sino ad arrivare al turismo. L’Amministrazione comunale è guidata dalla Sindaca Daniela Falconi. L’abbiamo sentita su alcuni temi che interessano la politica regionale e locale.

1) Un suo giudizio sui primi mesi della Giunta Solinas 

“Se c’è una cosa che sto imparando in questa esperienza da sindaca è quella di contenere l’impulsività del giudizio immediato. La politica e le azioni di governo hanno bisogno di tempo per compiersi e dare (o non dare) frutti. Quindi, più che un giudizio, dopo così poco tempo che la giunta e il consiglio sono al lavoro, mi sento di dare un parere del tutto personale sulla base di quel che vedo e percepisco ogni giorno dalla mia “posizione privilegiata” di amministratore comunale. Vedo assessori e consiglieri molto presenti sui territori, disponibili al dialogo e al confronto, e questa è una cosa davvero apprezzabile, ma per adesso ancora poca concretezza in termini di leggi e risposte ai cittadini.  La Sardegna ha necessità di risposte immediate su temi che potrebbero davvero incidere sulla vita di ognuno di noi. E le risposte immediate arrivano solo attraverso riforme serie e di sistema.  Tra tutte, metto sicuramente al primo posto la scuola e l’istruzione, e le metto al primo posto come cambio totale di paradigma di priorità. Se vogliamo affrontare le sfide che ci attendono abbiamo bisogno di conoscenza, di una scuola nuova, moderna, sarda: possiamo continuare a parlare dell’argomento solo dal punto di vista delle scuole da chiudere che ha il nome orribile di “dimensionamento scolastico” e non dal punto di vista degli studenti da salvare, o meglio, da valorizzare? Serve una legge sarda sulla scuola che consenta al bambino di Cagliari e al bambino di Fonni di poter avere lo stesso grado di istruzione e poter ambire agli stessi sogni. Le altre risposte, in termini di riforme che mancano, e mi auguro che vengano date al più presto sono sull’urbanistica, si deve avere il coraggio di affrontare  questo tema a inizio legislatura, non alla fine; penso alla  sanità, e ai tantissimi problemi, ad esempio, che il mio territorio sta affrontando: da 3 anni il mio paese insieme ad altri 3 Comuni sono senza pediatra. E mentre aspettiamo riforme, burocrazia, soluzioni, centinaia di bambini non hanno il sacrosanto diritto all’assistenza medica.  Altro tassello fondamentale  è il lavoro, bene i cantieri e il Piano Lavoras, ma per  far  diminuire la disoccupazione serve un grande investimento che aiuti le imprese, soprattutto le più piccole  a ritrovare fiducia, a scoprire nuovi mercati ad investire in nuove tecnologie, l’Emilia Romagna ha una bellissima legge che taglia l’Irap alle imprese delle aree rurali e montane, potrebbe essere un primo passo; allo stesso modo è importante avere notizie certe sull’energia: a me non basta sapere che il metano è indispensabile in Sardegna, io vorrei sapere come le imprese e i cittadini del mio territorio possano beneficiare di questa infrastruttura di cui pare non si possa fare a meno. Un’ultima riflessione la faccio sugli Enti locali, ma non perché siano meno importanti: siamo sommersi dalle emergenze e dalle responsabilità. Siamo gli unici che ogni giorno guardano negli occhi la disperazione ma anche i sogni e le aspettative dei cittadini.  Non ci serve una Regione (o uno Stato) che ci dicano cosa fare, che decidano se dobbiamo fare cimiteri o campi sportivi. Ci serve una Regione che ci dia le risorse che ci mancano da anni e che ci stia a fianco con leggi chiare e certe affinché i programmi e le risposte ai cittadini arrivino in tempi brevi e sicuri.  Siamo a metà novembre e ancora non abbiamo nemmeno una bozza di finanziaria, e la finanziaria è il documento essenziale per capire meglio le politiche che si intendono perseguire. Speriamo di non dover attendere troppo”.

 

2) Piaga spopolamento: lei ha una ricetta per combatterlo? 

Non esiste nessuna ricetta per combattere lo spopolamento. O meglio, ne possono esistere una moltitudine. E quella che va bene per il mio paese non è detto che possa andar bene per il paese vicino. Io so una cosa: per dare un futuro ai nostri territori si devono anzitutto garantire i servizi. Non ci vuole un ospedale in ogni paese, ma ogni cittadino deve sapere che se sta male verrà curato e assistito a prescindere dal suo luogo di residenza. Così com’è indispensabile costruire un sistema di welfare che consenta a tutte le famiglie di vivere e lavorare in un determinato luogo. Ma siccome sappiamo tutti che la più grande causa di spopolamento che a cascata incide sul drastico calo di servizi come un “gatto che si morde la coda all’infinito” il più grande investimento va fatto sulla creazione di posti di lavoro stabili. Penso al mio territorio e alle enormi potenzialità: sul turismo, sulla pastorizia, sull’agricoltura di montagna,  sull’agroalimentare e sulle nuove tecnologie. Ma se penso che qui in molte zone non c’è nemmeno segnale di telefonia mobile e i trasporti interni sono un disastro mi chiedo con che coraggio si possa chiedere ad un giovane di restare. Dal canto nostro, con l’Amministrazione che rappresento, ma anche con i colleghi del territorio da anni abbiamo investito tantissimo per creare reti, per realizzare infrastrutture che siano davvero utili ai cittadini e all’economia, finanziato eventi che dessero respiro economico e nello stesso tempo creassero aggregazione sociale e pubblicità positiva. Progetti di ampio respiro che probabilmente verranno percepiti dai territori solo tra qualche anno. Ma non basta. Vanno – immediatamente, prima che sia troppo tardi! – create le condizioni infrastrutturali sia materiali che immateriali, di conoscenza e studio (possiamo pensare ad una pastorizia migliore e più redditizia, finalmente? )in modo che si possa invertire totalmente la rotta e dire ai nostri ragazzi non “vai via che qui non c’è nulla” ma “resta che è tutto da fare”.

 

3) Parità di genere nelle istituzioni: la sua opinione

“Lo dico chiaro e subito: la parità di genere nelle istituzioni non è un vezzo, è indispensabile. Ma non perché sia meglio o peggio. Ma perché le istituzioni hanno necessità di tutte le sensibilità presenti nella società per funzionare al meglio. Una legge o una decisione presa da un gruppo in cui è rispettata la parità di genere non è migliore o peggiore, è semplicemente “diversa”. E io mi chiedo sempre come sarebbero state e saranno le leggi e le discussioni sugli Enti Locali, sulla sanità, sul welfare, sull’urbanistica in Sardegna se a decidere e a confrontarsi non ci fosse stato un Consiglio Regionale con sole tre donne su sessanta. O sette su sessanta come avviene oggi.  Sono certa che con un Consiglio Regionale con la parità di genere rispettata avremmo avuto risultati diversi. Non migliori o peggiori. Diversi. L’Amministrazione che ho l’onore di rappresentare è in maggioranza al femminile: su 13 consiglieri e consigliere di maggioranza e opposizione 7 siamo donne. Eppure qualche anno fa, in campagna elettorale alle candidate che hanno famiglia spesso veniva posta la domanda: “come fai ad occuparti dei bambini e della casa se avrai l’impegno del Comune?”. La stessa domanda non è stata mai rivolta ai candidati di sesso maschile. Però, nonostante questo nei Consigli Comunali le donne non solo vengono votate (nei nostri piccoli comuni non esiste la doppia preferenza, si sceglie un solo candidato), ma vengono percepite dai cittadini come meritevoli di fiducia. Lo stesso non accade man mano che il livello della candidatura sale, quando si tratta cioè di eleggere un Consigliere Regionale o un Parlamentare Europeo (se in Parlamento non ci fossero state le tanto discusse quote rosa chissà quale sarebbe stato il risultato). C’è un problema culturale enorme nella nostra società, e non è un problema maschile o femminile. È un problema di come ognuno di noi percepisce il ruolo della donna nella vita di ogni giorno. Per questo credo che il lavoro di decine di movimenti, delle istituzioni, della scuola sia indispensabile per continuare in un processo che va verso il riconoscimento di un diritto fondamentale. Non siamo assolutamente all’anno zero, anzi, sono stati fatti passi avanti incredibili. Ma la guardia non va mai abbassata. Io però sono abbastanza ottimista pur sapendo che cambiamenti di questo genere, che presuppongono il capovolgimento di poteri, visioni e modi di pensare difficili da eradicare, hanno bisogno di tempo. Ma chissà, magari non è molto lontano il giorno in cui avremo anche noi per la prima volta una Donna presidentessa della Regione”.

 

4) Protesta sul prezzo del latte: alla luce delle ultime vicende, è fattibile pagarlo a 1 euro al litro? 

“Io credo che la protesta di febbraio, al di la delle posizioni politiche e dei risultati fin qui abbastanza deludenti che ha prodotto abbia segnato ognuno di noi e ci abbia insegnato una cosa: dobbiamo, tutti insieme, ripensare ad un modello di sviluppo delle nostre campagne che metta al centro la produzione primaria, i paesi e lo sviluppo. Non basta pensare che il problema si risolva con qualche finanziamento ad hoc per tamponare la crisi che ciclicamente si ripresenta. E soprattutto non possiamo pensare di gestire il problema dei pastori come se fossero uguali ovunque, in montagna e in pianura. Un pastore che vive e lavora in montagna o in un’area rurale non può essere paragonato a chi lavora nelle piane del Campidano, ad esempio. Dico questo non per creare  divisioni e campanilismi, ma anzi, per suggerire che una riforma seria, di sistema, che sia strutturale e che non esponga i pastori (ma anche tutti coloro che si occupano di produzione primaria), non può prescindere da interventi che siano misurati sui territori. Se si vuole raggiungere un giusto prezzo del latte che garantisca ai pastori non solo di sopravvivere ma guadagnare da quel lavoro, gli interventi strutturali, non mi stancherò mai di dirlo, vanno fatti sull’intera filiera. E la filiera parte dal pastore, passa dal trasformatore, dal commerciante e infine dal consumatore. Oggi, la grande distribuzione, il commercio ma anche i consumatori sono i grandi assenti dai tavoli delle trattative. Eppure sono proprio loro che decidono e orientano prezzi e produzioni. Io credo che ognuno vada richiamato alle proprie responsabilità, perché oggi salvare la pastorizia attraverso investimenti sulla tecnologia, sulla conoscenza, sull’innovazione tecnologica, sulla salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale che essa rappresenta significa salvare il futuro delle nostre comunità. E la politica ha in questo processo un ruolo indispensabile, non solo come guida e e coordinamento ma anche per mettere al sicuro le produzioni primarie dalle oscillazioni di mercato, dagli eventi calamitosi e quant’altro e per far si che quel settore diventi trainante e fondamentale per l’economia dell’isola”.

 

5) Fonni vive di turismo: quali sono i progetti per valorizzare il vostro territorio?

“Ho da sempre la convinzione che il turismo, se ben fatto e ben organizzato sia il più grande moltiplicatore di opportunità economiche per tutto l’indotto che crea. Lo dico consapevole di amministrare un paese che non parte dall’anno zero ma ha al suo interno dei veri professionisti del settore. Per fare questo abbiamo bisogno di progetti di lungo respiro che mettano al primo posto non solo le indispensabili infrastrutture e i servizi ma soprattutto le risorse umane presenti nel territorio. Un paese bellissimo, con i centri storici perfetti e le infrastrutture non produce nulla non se non c’è un impegno corale delle persone. Banalmente, anche una macchina parcheggiata male non va nella giusta direzione. In questi anni di amministrazione abbiamo cercato di agire su due direttrici principali per ottenere obiettivi che spero si possano raggiungere nel breve e nel lungo periodo: il primo è stata la ricerca di finanziamenti mirati e la conclusione di investimenti che dotassero il paese di tutti quei servizi che mancano. Tra tutti il progetto Bruncuspina che dopo tanti anni si avvia alla conclusione, ma anche la creazione di una rete sentieristica (in collaborazione con l’Agenzia Forestas) che permetta al nostro meraviglioso  territorio di essere fruibile tutto l’anno, la sistemazione del Museo della Cultura pastorale, il restauro della Chiesa e una serie di interventi sul decoro urbano e sistemazione della rete viaria. Il secondo è la sfida più importante e si gioca sull’immenso capitale umano presente nel mio Paese, famoso ovunque per la sua laboriosità: la gestione di tutte le infrastrutture pubbliche, la messa in rete di tutti gli operatori, l’organizzazione di diversi eventi sportivi e culturali con il duplice obiettivo di portare ricadute economiche immediate e produrre pubblicità positiva per il territorio. Il turismo non è l’unico obiettivo, ma lo sviluppo turistico, di un paese con 350 posti letto, con una rete di imprese legate all’agricoltura, alla  pastorizia e all’agroindustria che come tutti soffrono ciclicamente della crisi ma allo stesso tempo rappresentano un sistema fondamentale e di tutto rispetto per l’economia dell’isola hanno bisogno di un’attenzione e di una consapevolezza particolari perché possano davvero crescere. Non mi interessa, da Sindaca, a fine mandato, cucirmi addosso la medaglietta dei finanziamenti raccolti, mi interessa, ma questo saranno i miei cittadini a giudicarlo, aver contribuito a dare qualche piccolo segnale che vada nella direzione della crescita, dello sviluppo e della coesione sociale e aver magari dimostrato ai miei paesani e a chi ci guarda da fuori con interesse che vivere e lavorare in un paese è la cosa più meravigliosa del mondo e vale la pena metterci il massimo dell’impegno e dell’entusiasmo”.