Un francobollo dedicato alle launeddas. L’hanno emesso qualche giorno fa le Poste italiane ed è un riconoscimento più che meritato.  Lo strumento autoctono della Sardegna, con il suo suono di grande suggestione e coinvolgimento, ha rappresentato per millenni una vera e propria colonna sonora della vita agropastorale del popolo sardo.

Oggi è più che mai in auge, è ritornato agli antichi fasti, ma a metà degli anni ’50 del secolo scorso, quella dei tre calami suonati contemporaneamente sembrava una musica avviata a un inarrestabile declino, soprattutto sotto l’incombere di strumenti moderni, ben accolti dai giovani che vedevano in essi un veicolo comunicativo importante in una società dove il superamento dei regionalismi era visto, ma anche imposto, come l’unica possibilità per interfacciarsi con altre culture.

Però, non è andata così. Le launeddas hanno continuato a resistere, grazie a un suono entrato nel sangue dei sardi, almeno tre millenni fa, in modo indelebile: una sorta di fattore genetico di fronte al quale neanche la politica del regime fascista, spietata nel voler sopprimere le specificità della Sardegna e del suo popolo, nulla ha potuto. Messo in crisi da su ballu sardu  con la fisarmonica e l’organetto, l’antico strumento ha continuato a essere presente senza cedimenti nelle cerimonie religiose, dove è considerato tuttora un vero e proprio strumento di culto, irrinunciabile.

La sua centralità, in questo senso, è servita per accentrare dalla metà degli anni ’70 in poi l’attenzione di chi (anche qui, protagonisti i giovani) vedeva in esso, stavolta, una ragione da analizzare e da studiare a fondo in ordine al modo in cui la gente delle nostre comunità si riconosceva nella sua musica di sempre, che nessuna legge avrebbe mai potuto annientare. L’interesse sulle launeddas si faceva a mano a mano più insistente, sino a quando, finalmente, nasce a Cagliari, nel 1982, la prima scuola pubblica per l’insegnamento della nostra musica ancestrale.

Il maestro è Luigi Lai, di S. Vito, docente per circa 150 allievi di tutte le età, tra cui anche giovani donne. È l’inizio di una svolta storica per le launeddas, di una nuova era, quella di una musica che ritorna all’antico in quanto a presenza in tutta la Sardegna, con scuole pressoché dappertutto. E poi, una novità nelle novità: la musica orchestrale su basi organiche, con il gruppo dei suonatori divisi in sezioni, corrispondenti al tipo di strumento usato per ciascuna di esse, dal fiorassiu al punt’ e organu, alla mediana, ecc.

Certo, resta sempre mitica e inimitabile la figura del suonatore solista, in cui estro e fantasia rendono sublimi gli antichi suoni dell’armonia. Però, l’evoluzione di una cuncordia allargata su schemi più razionali e moderni, è un risultato straordinario nella storia delle ultra millenarie launeddas. Il francobollo a esse dedicato, emesso qualche giorno fa, gratifica in modo incommensurabile l’umile quanto prestigioso strumento. Al quale manca ora un altro grande appuntamento per consacrarne la definitiva internazionalità: il riconoscimento dell’Unesco.

A farsi carico delle formalizzazioni necessarie perché le launeddas siano considerate patrimonio dell’umanità, ci ha pensato  a suo tempo l’associazione culturale “Cuncordia a launeddas”, la prima orchestra nel suo genere costituita nel 1987 e voluta da un gruppo di ex allievi della scuola di Luigi Lai.

Inta