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La Corte costituzionale ha bocciato le norme introdotte l'anno scorso dalla Regione Sardegna per le assunzioni nei cosiddetti cantieri comunali istituiti nel 1988, accogliendo un ricorso presentato dal governo contro la legge regionale n. 4 del febbraio 2013.
La pronuncia di illegittimità si estende anche alle legge, approvata due mesi piu' tardi dal Consiglio regionale proprio per evitare le possibili censure della Consulta. I giudici hanno ritenuto che le norme impugnate violano il principio fondamentale del coordinamento della finanza pubblica, non derogabile da leggi regionali, e non prevedono i mezzi finanziari necessari a coprire le spese di assunzione del personale.
Nella sua difesa, la Regione aveva sottolineato come l'intervento fosse stato deciso per "alleviare una situazione di estremo bisogno e di difficolta'" riscontrata nei comuni della Sardegna e le assunzioni nei cantieri comunali costituissero, quindi, "un interevento di politica sociale attinente all'ambito materiale dell'assistenza e dei servizi sociali, oggetto di una competenza residuale regionale".
La Regione, inoltre, aveva fatto presente che la norma non avrebbe determinato nuovi o maggiori oneri per le proprie finanze, in quanto i cantieri erano stati indicati come "progetti speciali" che "non hanno carattere permanente" e che potevano tradursi solo in "assunzioni di progetto".
In sostanza, a finanziarle sarebbero state le singole leggi dispesa che attribuiscono ai Comuni i fondi per la realizzazione dei progetti e che disciplinano le modalita' di utilizzo di quelle risorse. Ma le argomentazioni non sono state accolte dalla Consulta, che ha ritenuto, tra l'altro, che le disposizioni impugnate aggiravano il limite invalicabile di spesa imposto dallo Stato.