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Ha chiesto il rito abbreviato l'assistente capo della polizia penitenziaria del carcere nuorese di Badu 'e Carros, Salvatore Deledda, sotto inchiesta per corruzione e introduzione di telefonini nel penitenziario all'epoca dell'evasione del boss della Sacra corona unita, Marco Raduano, nel febbraio scorso.
L'uomo, difeso dall'avvocato Stefano Stocchino, è comparso davanti al Gip del tribunale di Nuoro, Mauro Pusceddu, per l'udienza preliminare. Rito abbreviato anche per Carmela Mele, sorella di Vincezo Mele, anche lui rinchiuso a Badu 'e Carrors: la procura la indica come la donna che spediva i pacchi con i telefonini all'assististe capo Deledda. "Ho sbagliato", ha detto Mele durante l'udienza.
Otto gli agenti penitenziari indagati. Di questi, sei hanno chiesto l'abbreviato, uno ha patteggiato la pena a un anno e sei mesi e un altro ha scelto il rito ordinario.
L'inchiesta è partita nell'estate del 2022 a seguito della segnalazione di un collega dell'agente indagato ed è culminata con l'arresto di Salvatore Deledda e Carmela Mele qualche mese dopo l'evasione di Raduano. In quei mesi tra le mani dei detenuti, compresi quelli della sezione di alta sicurezza, giravano ventuno telefonini, oltre a schede sim, cavetti e caricabatterie.
Il materiale, secondo la procura, arrivava all'interno di pacchi sigillati spediti da Napoli da Carmela Mele (appartenente con i fratelli a una famiglia di spicco della criminalità partenopea), nel periodo che va dal luglio del 2022 e fino al febbraio 2023. A riceverli e consegnarli ai detenuti, sarebbe stato l'assistente capo in cambio di 200 euro per ogni cellulare.
Gli investigatori hanno tracciato due transazioni elettroniche dal conto di Camela Mele a quello dell'agente: 1.200 euro in un caso, 250 euro in un altro. L'udienza è stata aggiornata all'8 novembre per le arringhe e la requisitoria del pm. Eventuali repliche e la sentenza sono state programmate per il 16 novembre.