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"Oggi avrà inizio il processo e il dolore si rinnova più logorante e straziante rispetto ad ogni singolo giorno da quel maledetto 11 Maggio. Giustizia per Mirko, onore a lui". Sono le strazianti parole di Paola Piras.
Oggi si è aperto, davanti alla Corte d'assise di Cagliari, il processo nei confronti di Masih Shahid, il 30enne pakistano accusato del tentato omicidio di Paola Piras, sua ex compagna, di 52 anni, e dell'uccisione del figlio di lei, Mirko Farci, di 19, che aveva tentato strenuamente di difenderla dall'aggressione dell'uomo avvenuta l'11 maggio 2021 nella loro casa a Tortolì, in Ogliastra.
La donna, rimasta in coma per mesi a seguito delle 17 coltellate inferte da Shahid non era presente in aula, c'era invece l'imputato. La Corte presieduta dal giudice Giovanni Massidda ha respinto le questioni di illegittimità costituzionale e la richiesta di rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica avanzata dal difensore dell'imputato, Federico Delitala.
Le stesse richieste erano già state rigettate dal gup di Lanusei in udienza preliminare. Paola Piras e i familiari della giovane vittima si sono costituiti parte civile con gli avvocati Marcello Caddori e Paolo Pilia. Essendo contestato un reato punito con la pena massima dell'ergastolo, la norma obbliga il dibattimento in Assise. Prossime udienze il 5 ottobre e il 9 novembre.
Il difensore ha fatto sapere che intende chiamare in aula come teste il proprio consulente psichiatrico: l'obiettivo è quello di dimostrare la fragilità e gli squilibri mentali di cui soffrirebbe da tempo l'imputato. Secondo il legale, la stessa Paola Piras avrebbe riferito agli inquirenti che l'uomo soffriva di "manie maniacali e suicide" e che di sua iniziativa si sarebbe affidato a un centro di salute mentale.
In un processo parallelo celebrato a Lanusei con rito abbreviato, Shahid è già stato condannato dal gup il 7 giugno scorso a 3 anni per stalking e maltrattamenti nei confronti dell'allora compagna. Stando alla sentenza, l'uomo avrebbe isolato la donna costringendola a rinunciare alla sua vita, insultandola e minacciandola di morte.