Riportare alla luce elementi che possano restituirci informazioni sul nostro passato. A distanza di otto anni sono ripresi gli scavi archeologici nel villaggio nuragico di Abini, condotti dall'Università di Sassari. Il territorio di Teti è uno scrigno di particolare importanza che da tempo continua a parlare una lingua millenaria.


I primi rilievi hanno fatto emergere alcuni gradini simili a quelli ritrovati nel complesso bittese di Su Romanzesu, con stretta aderenza a quanto già ipotizzato da Antonio Taramelli e più recentemente da Maria Ausilia Fadda. Dall'asportazione dei sedimenti terrosi sono emersi allineamenti di blocchi granitici che, se il proseguimento degli scavi lo dimostrerà, potrebbero identificarsi come i posti a sedere di una sorta di teatro realizzato alle spalle del monumento centrale. 


«Nonostante i numerosi interventi effettuati - spiega Laila Dearca, sindaco di Teti - è necessario uno studio completo del sito e delle sue fasi di vita. Il nuovo progetto di ricerca dell'Università si prefigge di individuare e riportare alla luce le principali strutture del villaggio-santuario, di determinare le fasi di impianto e di frequentazione, di indagare sulle attività produttive dell'insediamento e in particolare sulla localizzazione e sui caratteri delle officine e sui rapporti tra le stesse e gli spazi propriamente culturali». 


Il villaggio-santuario di Abini fu scoperto nella seconda metà dell'800 ed è stato oggetto di numerose indagini, soprattutto in seguito ai frequenti ritrovamenti di bronzi. «Uno degli obiettivi della ricerca - prosegue il sindaco di Teti - sarà anche quello di operare una ricostruzione virtuale degli alzati del tempio ormai distrutto, sulla base dei numerosi conci isodomi policromi accumulati nell'area». Un lavoro che porterà alla luce una parte importante, fondamentale, della storia di questi luoghi.
Roberto Tangianu