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Cresce con il passare dei giorni la preoccupazione dei lavoratori Tiscali che, insieme a Cgil e Slc, chiedono che l’attuale situazione sia rivalutata e sollecitano una presa di posizione da parte della
Regione e di tutte le istituzioni sul territorio con l’obiettivo di presentarsi al ministero con una posizione forte e unitaria. La richiesta è motivata da un dato di fatto emerso più chiaramente solo
di recente: l’accordo sulla vendita delle frequenze Tiscali a Fastweb sottrae all’azienda di Sa Illetta la parte in prospettiva più redditizia a un prezzo decisamente sottostimato rispetto al valore di frequenze simili definito dall’asta nazionale, più alto delle previsioni dello stesso governo.
“E’ inaccettabile che l’azienda venga svalutata in questo modo – si legge in una nota Cgil e Slc - dalla classe politica ci aspettiamo un segnale netto per impedire che venga disperso un patrimonio di competenze costruite in tanti anni di lavoro in questo territorio”.
I NUMERI. Sono 650 i lavoratori diretti Tiscali, ai quali si aggiungono i 150 del ramo in affitto a Engineering e un numero cospicuo di lavoratori dell’indotto. E sono solo 35 i lavoratori direttamente impegnati nelle 836 torri legate alle frequenze che vedono salvaguardato con certezza il loro posto di lavoro.
La Cgil aveva espresso sin da subito perplessità sull’operazione con Fastweb perché non sembrava fornire le dovute garanzie e lasciava comunque irrisolto il tema del rilancio di Tiscali tuttora incerto per l’assenza di un serio piano industriale.
“La nostra organizzazione – si legge nel comunicato - ha guardato alle operazioni verso l'esterno senza pregiudizi e come possibilità per evitare un tracollo finanziario con conseguenze drammatiche sui lavoratori ma di certo la situazione non potrà risolversi con accordi al ribasso se questi rischiano di affossare definitivamente il futuro dell’azienda”. Da qui l’appello del sindacato a tutte le forze politiche e istituzionali della Sardegna affinché facciano le dovute pressioni anche sul governo nazionale per trovare una via d’uscita.