Si riaffaccia a Torpé un incubo che il tempo sembrava aver sepolto per sempre: presunti abusi sessuali a danni di minori e, sullo sfondo, giri di pedopornografia. Un'ombra che per un periodo era comparsa nell'ambito delle indagini su un assassinio, quello del quattordicenne Cristian Meloni (avvenuto il 25 gennaio del 2004), per certi versi ancora avvolto nel mistero.

Era forse Cristian venuto a conoscenza di segreti inconfessabili? Il passato ha fatto irruzione ieri al processo a carico di Michele Ghisu, 42 anni, indagato della prima ora e poi prosciolto per l'uccisione di Cristian. Ma che ora si trova a giudizio con l'accusa infamante di aver compiuto atti sessuali con tre ragazzine di 13 anni e averle sfruttate per realizzare esibizioni pedopornografiche. 

PASSATO CHE RITORNA Ieri mattina nell'aula due del tribunale di Nuoro, davanti al collegio presieduto dal giudice Antonio Luigi Demuro (a latere Mariano Arca e Manuela Anzani) era prevista la deposizione della mamma di Cristian, Maria Ventura Pau, citata come testimone per alcune confidenze che avrebbe a suo tempo raccolto dal figlio. Nulla di più si sa, per ora: per un vizio di notifica, la teste non si è presentata e il dibattimento è stato rinviato al prossimo 24 febbraio.

Più volte in passato la donna aveva pronunciato la frase: «Cristian è stato ammazzato perché non parlasse». Rimane da capire a quali eventuali episodi criminosi si riferisse. Se cioè a una serie di attentati, messi a segno in paese da una band di adulti e giovanissimi, come aveva ipotizzato la Procura. O se invece parlasse di fatti torbidi, come potrebbe apparire se il giro di pedofilia dovesse essere accertato.

Per l'uccisione di Cristian è stato condannato il cugino Ananio Manca, ma per omicidio colposo: i magistrati avevano decretato che il colpo mortale era partito dal fucile accidentalmente. Ghisu è difeso dall'avvocato Giuseppe Floris, che si dice sicuro dell'innocenza del proprio assistito. 

LE ACCUSE Michele Ghisu è chiamato dunque a rispondere di reati gravissimi che avrebbe commesso in concorso con altri due complici, che all'epoca dei fatti erano minorenni. Si parla di turpi intrattenimenti con adolescenti poco più che bambine. Un gruppo di ragazzi avrebbe approfittato continuativamente della loro ingenuità per indurle a compiere atti dei quali le giovanissime vittime non erano certo del tutto consapevoli.

Gli abusi sarebbero stati consumati all'interno di un camerone adiacente a un esercizio commerciale, ma anche all'estrema periferia dell'abitato. Ogni volta le scene sarebbero state riprese con delle videocamere: in quel periodo non esistevano ancora i cellulari capaci di scattare foto o filmare. Non è dunque escluso che diversi giovani di Torpè fossero a conoscenza di quanto accadesse tutti i giorni nel loro paese. Magari qualcuno ha manifestato la volontà di rompere il silenzio.