Nella tarda mattinata di oggi, la Squadra Mobile di Cagliari ha eseguito il decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Cagliari a carico di 13 indagati ritenuti responsabili, in concorso e a vario titolo, dei reati di tratta, riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.

L’operazione rappresenta l’epilogo di un’attività investigativa, coordinata dalla DDA, scaturita a seguito di alcune denunce presentate da giovani donne provenienti dal Ghana e dalla Nigeria, dedite alla prostituzione nella periferia nord del capoluogo isolano.

Le indagini hanno consentito di disarticolare diversi sodalizi criminali, di matrice nigeriana, operanti a Cagliari, che rappresentano l’anello finale di una rete transazionale, senza scrupoli, dedita al traffico di esseri umani.

Secondo quanto emerso dalle indagini, è emerso che i migranti provenienti dagli stati centrali dell’Africa, condotti fino in Libia, venivano trattenuti presso alcuni campi appositamente attrezzati e successivamente trasportati in Italia a bordo di gommoni.

I 13 indagati con la falsa promessa di un impiego lavorativo, reclutavano le giovani donne provenienti dalla Nigeria e, con la minaccia di riti magici, le obbligavano all’esercizio della prostituzione al fine di saldare il debito da loro contratto per il trasporto in Italia, avente un costo di circa 25 o 30 mila euro.

Le donne che doveva prostituirsi venivano segregate, per diversi giorni, in piccoli appartamenti senza la possibilità di comunicare con l’esterno.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, durante tale fase di “adattamento”, le ragazze subivano pressanti condizionamenti psicologici, anche con riti voodoo, e approfittando della loro situazione di vulnerabilità e inferiorità fisica e psichica, venivano costrette a prestazioni lavorative di carattere sessuale; in un caso la minaccia è consistita nella minaccia di vendetta di morte contro il figlio rimasto in Nigeria o compiendo dei riti voodoo nei suoi confronti.

In un caso il reclutamento è avvenuto tramite Facebook, attraverso la promessa alla giovane vittima che in Italia avrebbe potuto trovare un lavoro lecito, grazie all’aiuto di una sua connazionale.

Nel corso dell’attività investigativa sarebbe emerso, inoltre, l’interessamento dell’organizzazione per garantire il trasferimento di una giovane vittima a Monaco di Baviera, dopo un breve passaggio in Italia.

L’intero quadro probatorio, hanno spiegato gli investigatori, corroborato da accertamenti di natura tecnica, è stato confortato dalle dichiarazioni rese da alcune giovani vittime, tutelate dalle misure di protezione previste dalla legge, che vincendo la paura di possibili ritorsioni minacciate dai loro aguzzini, hanno deciso di rivolgersi agli organi di polizia per denunciare il loro stato di sfruttamento e di soggezione.

I nomi degli indagati: