“Sa perché abbiamo i mobili per strada e li stiamo ripulendo dal fango per riportarli dentro? Perché ci servono per vivere anche se sarebbero da buttare: non ci arriverà mai un soldo”.

E’ la voce ferma e decisa di chi a Uras lunedì scorso ha vissuto l’inferno proprio in quel rione in cui ha perso la vita Vannina Figus, 64 anni.

E’ lo stato d’animo di chi si è visto in casa, improvvisamente, circa due metri d’acqua e fango con lo spettro di una morte in agguato e di danni incalcolabili su un patrimonio piccolo o grande, modesto oppure no, ma guadagnato con fatica e di vitale importanza per la propria esistenza.

Ora tutto è crollato addosso a queste persone, che quasi non ti fanno capire il senso del dramma perché li vedi reagire, darsi da fare per riprendere la vita normale. Non c’è tempo per parlare, bisogna rimboccarsi le maniche è basta.

“I fiumi e i canali andavano ripuliti e, invece, nulla è stato fatto negli anni”, dice un signore cinquantenne che mi mostra i segni del livello raggiunto dall’acqua che ha coperto la sua auto nel cortile d’ingresso dell’abitazione. All’interno, poi, lo scenario scuote e crea turbamento. 

“Vede, in quel fiume che abbiamo a poca distanza da qui - afferma ancora-, sono cresciute canne ed erbacce che sicuramente hanno fatto da ostacolo al flusso delle acque che poi sono arrivate nelle nostre case in misura ancora più terrificante.”

Spazzole, persino le idropulitrici vengono usate per togliere il fango dalle attrezzature, dalle sedie e dai mobili. “Non possiamo fermarci, bisogna andare avanti”, dicono in tanti.

Dal loro coraggio, dall’abitudine al lavoro duro dei campi, al sacrificio e alle avversità non traspare nelle vere proporzioni il senso del dramma in cui è caduta gran parte della popolazione di Uras.

“E’ successo altre volte, nessuno ci ha aiutati e non abbiamo mai visto risarcimenti. Ora se ne parla, come sempre, ma noi non ci crediamo”. Orgoglio e riservatezza, scarsa fiducia nelle istituzioni e convinzione di farcela da soli. Per comprendere l’esatta misura di ciò che successo è indispensabile stare con loro, andare oltre le parole per vedere ciò che  le parole medesime non sono in grado di descrivere.