Nei giorni scorsi la Polizia di Stato della Questura di Sassari ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica Angelo Beccu, a carico di due fratelli ed una sorella sassaresi, rispettivamente di 59, 43 e 52 anni. I tre sono indagati per il reato di usura pluriaggravata in concorso tra di loro.

Secondo quanto ricostruito, avrebbero prestato alle vittime, in condizioni di difficoltà economica e finanziaria, del denaro, riavendolo indietro con dei tassi usurai. L’attività d’indagine è iniziata nei primi mesi del 2018, quando una vittime di questo sistema, gravata dagli interessi richiesti dai creditori, si presentò negli uffici della Questura per chiedere aiuto. Gli uomini della Squadra Mobile, sentita la versione dei fatti ed informata l’Autorità Giudiziaria, hanno avviato immediatamente le indagini.

Dall’attività investigativa è emerso che le vittime si erano rivolte ad una nota famiglia sassarese per avere liquidità di denaro e poter far fronte ad alcuni debiti pregressi. I fratelli, dopo aver elargito un prestito di alcune migliaia di euro, avrebbero chiesto un interesse calcolato nell’ordine del 20% mensile. Per alcuni mesi, i debitori sono riusciti a pagare gli importi richiesti, ma in un secondo momento, non potendo più far fronte alle spese, avrebbero chiesto altra liquidità che li avrebbe portati ad un ulteriore aggravio alla già difficile situazione economica, tanto da non riuscire più ad onorare il prestito.

Nell'aprile 2018, alla vittima, sarebbe stata sottratta anche la propria autovettura, “trattenuta” come garanzia della “rata” in scadenza. Le indagini avrebbero portato a scoprire quei meccanismi nascosti dell’usura con tassi di interesse del 240% annuali, i quali avrebbero certamente indirizzato la vittima ad indebitarsi ulteriormente tanto da rischiare di perdere l’intero capitale costituito da attività commerciali e immobiliari.

E’ emerso inoltre che gli aguzzini, in un’occasione, si sarebbero serviti di una terza persona al fine di costringere al pagamento i debitori “insolventi”, anche attraverso minacce dirette quali l’incendio dell’attività commerciale e dell’abitazione. Gli investigatori avrebbero accertato che la parte offesa aveva accumulato un debito di circa 23.000 euro, corrispondenti ai soli interessi di una somma percepita di circa 18.200 euro, che allo stesso era stata corrisposta in diverse trance.