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No all'istituto della messa alla prova dell'allevatore di Irgoli, Giuseppe Piredda, di 45 anni, che nell'aprile del 2014, insieme al figlio minore, ha trascinato con la sua auto per diversi chilometri un cane legato a un gancio di traino.
Lo ribadisce la Lega anti-vivisezione (Lav) in vista del processo che si svolgerà a Nuoro il 24 giugno prossimo, in cui l'allevatore è imputato con l'accusa di uccisione di animale e resistenza a pubblico ufficiale, con l'aggravante di aver compiuto i reati alla presenza del figlio minorenne.
In quella data il giudice dovrà decidere se accettare o meno la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova prestando volontariato presso strutture con animali, avanzata dall'imputato al fine dell'estinzione del reato.
"Una richiesta incredibile - scrivono i dirigenti della Lav che si è costituita parte civile insieme all'Enpa e ad Anpana - soprattutto se consideriamo l'efferatezza dell'uccisione dell'animale, trascinato per chilometri fino all'intervento dei carabinieri di Siniscola, che fermarono l'uomo dopo un breve inseguimento quando purtroppo per il cane, un meticcio di circa otto mesi, non c'era più nulla da fare. Le ferite riportate erano di una tale gravità da rendere inevitabile l'eutanasia".
Il pastore di Irgoli si era difeso affermando che il cane "doveva essere punito" per i danni che avrebbe commesso nella sua campagna.
"Tale atteggiamento dimostra la considerazione che l'imputato ha nei confronti degli animali - attacca ancora la Lav - e la sua richiesta di prestare volontariato in un canile altro non è che il tentativo di evitare una condanna. Il responsabile deve essere invece processato e rispondere delle sue azioni".
L'associazione devolverà l'eventuale risarcimento ad attività di promozione di un corretto rapporto uomo-animali, per prevenire violenze e uccisioni.