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Settecento i genomi virali analizzati e 1500 le ore di calcolo computazionale per portare a termine le analisi genetiche. Sono alcuni dei numeri dello studio condotto dai ricercatori dell’Università di Sassari, in collaborazione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma e il Dipartimento di Scienze Biochimiche della Sapienza Università di Roma, e pubblicato sulla prestigiosa rivista di virologia “Journal of Medical Virology”.
LA SCOPERTA. Secondo quanto è emerso dai risultati della ricerca, la variante Omicron BA.2.75, (scoperta in India all’inizio di maggio e ribattezzata Centaurus) è meno contagiosa e meno pericolosa della Omicron 5. Si tratta di uno studio importantissimo perché, a differenza di quanto paventato da fine agosto, la variante in questione non può diventare dominante.
Ne abbiamo parlato con il dottor Fabio Scarpa del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari.
“Dai nostri risultati – ci spiega - è emerso che in realtà la variante Centaurus non presenta le caratteristiche evolutive che tutti sospettavano, nel senso che si pensava fosse una variante pronta ad esplodere o comunque la variante che avrebbe dominato la scena autunnale. In realtà così non sembra: noi abbiamo confrontato la variabilità genetica di Centaurus e l'abbiamo affiancata a quella di Omicron 5, la variante che attualmente domina in Italia, e abbiamo visto che la sua variabilità genetica è molto inferiore. L'importanza di verificare come parametro la variabilità genetica è legata al fatto che proprio la variabilità genetica conferisce a una variante o un virus in generale la capacità di espandersi e quindi di saltare rapidamente da un ospite all'altro.
Nelle figure che abbiamo messo nel nostro articolo sul “Journal of Medical Virology” si può vedere che Centaurus, per esempio, ha raggiunto il suo picco massimo intorno al 23 giugno e da lì in avanti è iniziato il suo plateau. Quindi, queste informazioni ci suggeriscono che non sembra che, allo stato attuale, abbia la capacità di espandersi ulteriormente e diventare quindi la sottovariante o la variante dominante di Coronavirus. Sottolineo, però, che questo discorso vale allo stato attuale. Nel senso che se si dovesse verificare un'ulteriore mutazione o un ulteriore aumento della variabilità genetica le cose possono cambiare. Per questa ragione i monitoraggi dovranno proseguire in modo costante, ma al momento, per come configurata questa variante non sembra così preoccupante come si pensava inizialmente”.
Dottor Scarpa precisa e ribadisce che non può diventare dominante nel suo stato attuale perché “non presenta proprio le caratteristiche che vengono riconosciute inizialmente ad una variante pronta ad esplodere, così come è successo per Omicron 5. Quest’ultima, dopo poche settimane dalla sua prima apparizione, mostrava un picco e una curva molto verticale e quind faceva vedere un elevato livello di variabilità genetica che gli ha conferito la capacità di infettare rapidamente molte persone. Centaurus no: ha una curva molto dolce e, al di là di questo, come ho detto prima, ha raggiunto già il picco e quindi non la sua espansione per il momento è ferma”.
INDAGINE SU 700 GENOMI. Sono stati analizzati 700 genomi completi di Sars Cov-2, nello specifico 270 appartenenti alla variante Centaurus e 430 appartenenti alla variante Omicron 5. Ovvero tutti i genomi che erano al momento disponibili nelle banche dati.
UN LAVORO IMPORTANTISSIMO. “Questi lavori di ricerca – evidenzia dottor Scarpa - sono importantissimi perché sono questi gli studi e i dati che danno la possibilità di capire realmente quanto può essere pericolosa una variante o quanto possono essere pericolosi determinati ceppi o determinati virus. Giustamente abbiamo attraversato momenti particolari quindi si tende un pochino ad avere sempre paura a mostrare sempre molta diffidenza nei confronti di nuove varianti, ma molto spesso si esagera. È giusto far conoscere le cose nel loro reale stato”.
UN LAVORO A PIÙ MANI. Il gruppo di ricerca è composto dai ricercatori dell’Università di Sassari, il Dottor Fabio Scarpa, la Professoressa Daria Sanna (nello studio primo nome a pari merito insieme al Dott. Scarpa nonché suo responsabile scientifico) e il Professor Pier Luigi Fiori del Dipartimento di Scienze Biomediche ed il Professor Marco Casu del Dipartimento di Medicina Veterinaria, con i gruppi di ricerca del Professor Massimo Ciccozzi dell’Unità di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e del Professor Stefano Pascarella del Dipartimento di Scienze Biochimiche della Sapienza Università di Roma.
“Un lavoro complesso e multidisciplinare. Noi come parte dell'Università di Sassari ci siamo occupati dello studio della variabilità genetica, delle due varianti, ma è stato eseguito anche uno studio per quanto riguarda la struttura, è stato fatto un confronto strutturale e questa parte qua è stata seguita dai nostri coautori dell'Università La Sapienza di Roma e dell’Università Campus Bio- Medico di Roma”, conclude dottor Fabio Scarpa.