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È uno dei monumenti più affascinanti del capoluogo turritano, Villa Mimosa fu edificata agli inizi del Novecento – fra il 1911 e il 1913 – per volere del conte Gaspare Antonio Mella di Sant’Elia, appartenente a una delle famiglie più influenti della nobiltà isolana. La fece costruire in onore della futura sposa, la giovane e benestante argentina Josephine Racca, e venne così denominata proprio dalla contessa (sebbene sia nota anche come Villa Sant’Elia) in memoria di un episodio in cui Don Gaspare le regalò un mazzo di mimose prima di partire col treno che la portava all'imbarco a Genova. Oggi situata nel centro cittadino (via IV Novembre), Villa Mimosa si trovava un tempo completamente isolata e dominata da una piccola altura, circondata da un giardino di alcuni ettari che inglobava anche l’odierna via Napoli. Il progetto fu affidato all’ingegnere piemontese Giulio Suni della Planargia, anch’egli di nobile famiglia.
LA VILLA NEGLI ANNI. Il 13 settembre 1912, durante i lavori di costruzione della monumentale abitazione, cedette un ponteggio situato a 18 metri d’altezza, sul quale sei operai, compreso il capomastro, stavano completando le decorazioni. Più in alto, nel frattempo, altri sei operai portavano a spalla un segmento di cornicione per metterlo in posa. Precipitarono tutti: tre di questi trovarono la morte mentre i restanti 9 rimasero feriti, di cui uno grave. Pochi mesi più tardi la villa venne completata. Dopo la morte del conte Gaspare nel 1934, l’abitazione nobiliare rimase in mano alla vedova, che tuttavia trascorse frequenti soggiorni a Viareggio, dove finì per trasferirsi nella villa dei genitori e in cui convolò nuovamente a nozze. Secondo testimonianze giunte dai nipoti, Josephine trascorse tuttavia gli ultimi giorni della sua vita proprio a Villa Mimosa, dove morì a 97 anni. Fino alla Seconda guerra mondiale l’edificio rimase di proprietà della famiglia del conte, utilizzato principalmente come punto di ritrovo dell’aristocrazia per trattare di importanti questioni o per diletto. Negli anni successivi al conflitto fu utilizzata come abitazione privata dagli stessi, fino a quando, nel 1985, l’Associazione degli Industriali di Sassari la acquisì come sede con funzioni di rappresentanza.
ARCHITETTURA. La villa è preceduta da un’ampia scalinata e si struttura su tre livelli, più lo scantinato e il magazzino, per una superficie di 1200 mq. Raffinato edificio di ascendenza rococò piemontese (ad eccezione di logge e terrazze), è circondato da un parco di 4 ettari, nel quale i vialetti costeggiano le aiuole fiorite. Nel giardino, oltre a statue raffiguranti possenti leoni è possibile ammirare quelle di due figure femminili, una raffigurante l’allegoria della Primavera e l’altra Diana, la dea della caccia. Il prato centrale è dominato sulla destra da quattro grandi palme e da un albero-botte originario del Sud America.
La scala d’accesso è decorata da un draghetto stilizzato in metallo che sorregge una sfera di vetro, chiaro richiamo all'arte giapponese che ha influenzato lo stile Liberty. Sul lato destro del piccolo atrio porticato, chiuso da vetrate colorate e da grate in ferro battuto che ripetono un motivo astratto floreale, è scolpito, nel sommo dell'arco ribassato, lo stemma della famiglia Arborio Mella dei Conti Sant'Elia, presente anche nell’arco di ingresso. La struttura è costituita dall’edificio principale a cui si accostano le case un tempo riservate a domestici e custodi. Nella facciata asimmetrica spicca la torretta belvedere aperta a loggia superiormente. Anche la balaustra della scala di accesso alla villa segue un andamento curvilineo. Lungo tutto il perimetro dell'edificio corre un alto zoccolo costituito da bugnato rustico in trachite.
Elegante, raffinata, scenografica, la villa è oggi considerata una delle più belle abitazioni di Sassari, dichiarata monumento nazionale nel 1976 per le sue particolarità architettoniche. Oggi rimane inoltre sotto la tutela della Soprintendenza per i beni Architettonici, paesaggistici, storico, artistici, etnoantropologici delle provincie di Sassari e Nuoro.
Foto copertina: Franca Mascolo