Basta guardie mediche-tuguri e in luoghi abbandonati da Dio, donne e uomini che vi operano non possono essere lasciati soli a difendersi contro violenze e aggressioni che sono ormai all'ordine del giorno". Serafina Strano, la dottoressa siciliana di 52 anni vittima il 18 settembre del 2017 di sequestro e stupro durante il turno di servizio di guardia medica di Trecastagni (Catania), è a Cagliari su invito dell'Ordine dei Medici in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. A un anno e due mesi da quella terribile notte il suo grido di dolore è sempre più forte ma purtroppo ancora inascoltato.

"Non sono solo le profonde cicatrici e ferite impresse nell'anima a bruciare - spiega all'ANSA - sono rabbia e delusione per gli appelli caduti nel nulla, verso le istituzioni ancora sorde alle legittime richieste: più sicurezza nelle guardie mediche, devono trasformarsi in presidi sicuri e efficienti, in poliambulatori. Il sistema va profondamente riformato".

E per mantenere alta l'attenzione sulla violenza di genere, Raimondo Ibba, presidente dell'Ordine dei medici di Cagliari, annuncia due iniziative significative. "La sala del Consiglio direttivo sarà intitolata a Roberta Zedda, la dottoressa di Solarussa uccisa da un paziente nel 2003, un'eroina della nostra professione. Dall'1 dicembre poi partiranno i corsi di sicurezza nelle guardie mediche rivolti ai medici". Serafina è una donna forte ma si commuove nel ricordare la storia di Roberta, che si intreccia in qualche modo, comunque tragico, alla sua.

"Mi aveva colpito moltissimo la sua vicenda - racconta - provai tanta rabbia e in quella notte da incubo, quando mi trovai in balia per una ora e mezzo di quell'uomo che cominciò subito a spogliarmi e mi picchiava selvaggiamente, mi veniva in mente lei. Ero terrorizzata, non pensavo di uscirne viva. In quei momenti il mio pensiero è andato a Roberta: in qualche modo i nostri destini si sono incrociati. La mia storia ha avuto un altro epilogo. E dal giorno dopo mi sono fatta forza e ho promesso a me stessa di portare la mia testimonianza di lotta ovunque, perché si possano trovare soluzioni".