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Continua a dividere la decisione della dirigente, Patrizia Mercuri, e degli insegnanti della scuola primaria di San Donato, a Sassari, di non concedere all'arcivescovo Paolo Atzei la possibilità di compiere la propria visita pastorale prenatalizia in quanto la metà dei bambini della stessa scuola sono stranieri e non cattolici.
Alcuni, infatti, hanno apprezzato la scelta laicista della responsabile dell'istituto, mentre altri l' hanno criticata ritenendola un’offesa all'autorità religiosa rappresentata dal presule del capolugo turritano.
Di seguito pubblichiamo il commento a tutta questa situazione di un ex dirigente scolastico di Sassari, Marco Fumi, che ha svolto il suo ultimo servizio presso il 3° Circolo Didattico di Sassari e, come reggente, il 1° e 2° Circolo di Alghero.
“Questa cosa della Scuola di San Donato e del Vescovo di Sassari, per come viene narrata e discussa, sta assumendo i contorni del grottesco, volendo dire con ciò di una cosa un po’ comica e però tragica.
Certo che, a vedere il clamore generato e l’ambiguità e la voluta distorsione dei fatti di chi racconta, viene da raccomandare alle scuole di tenersi alla larga dal troppo impegno, di pensare meno, di faticare meno, di stare defilate. Insomma, non si agitino, lascino le cose come stanno e, infine, e questa è la perla: “Rispettino la cultura corrente”, che sarebbe a dire il normale laissez-faire, il tran-tran insomma. Già sono mal pagati questi lavoratori della scuola, che poi si mettano anche a pensare è davvero una cosa esagerata.
Che cosa è successo dunque alla scuola primaria di San Donato in Sassari?
E’ successo che questa scuola, che è la più “antica” tra le scuole di base della Città, opera nel vecchio centro cittadino, nella sua parte più degradata e in quella più segnata dalla residenza di famiglie immigrate e di diverse etnie; famiglie che hanno trovato nel quartiere modesti affitti, vi si sono insediate e contraddistinguono sempre più l’area urbana.
E’ successo che la scuola si è trovata davanti a due scelte, la prima, semplice e piana, era quella di proporre l’offerta formativa media e corrente delle scuole italiane. E’ tutto già fatto, ci sono i testi scolastici eguali per tutti, ci sono guide didattiche, anche ben fatte, che ti propongono giorno per giorno le cose che si devono fare, ci sono abitudini consolidate che se ripetute, ti danno un risultato pacifico e garantito. Un po’ insapore, ma garantito. La seconda scelta era quella invece più complicata, fastidiosa, rischiosa, di mettersi a pensare, a osservare l’ambiente in cui si deve operare, a proporre modalità nuove e più vicine alle necessità educative specifiche del luogo. Una modalità fondata sulla rilevazione dei bisogni degli alunni, di quegli specifici alunni e sulla proposta finalizzata alla soddisfazione di quei bisogni.
Tra gli impegni che la scuola (questa scuola di San Donato) assume, c’è quello di introdurre tutti gli elementi comuni al sentire dell’infanzia e di esaminare volta per volta le situazioni che creino diversificazione e/o disagio.
Ci vuole tempo e voglia ed entusiasmo e anche una qualche dose di coraggio a realizzare una offerta formativa importante in una scuola multietnica. E la comunità scolastica di San Donato, a partire dal personale ausiliario, a quello amministrativo, ai docenti, alla dirigente, tutta la comunità scolastica insomma, trova tempo, voglia, entusiasmo e coraggio.
Si sperimenta, ci si apre alle diverse culture, si cercano alleanze e scambi con le altre scuole d’Italia e d’Europa e i risultati arrivano, tanto da essere menzionate fra le prime 15 scuole europee fondate sull’integrazione.
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