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Mentre su scala nazionale il numero dei femminicidi resta stabile, con 106 casi dall’inizio del 2023, in Sardegna si registra un'inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti. L’Isola, nello scorso quinquennio, aveva raggiunto il terzo posto in Italia per numero di donne uccise con 18 delitti di genere. Per questo, il dato del 2023 (due vittime) non può certo giustificare un abbassamento della guardia.
Ne è consapevole la consigliera regionale di Forza Italia Alessandra Zedda, da sempre sensibile al tema e impegnata in prima persona per contrastare il fenomeno. “Ogni anno ci ritroviamo a parlare di violenza sulle donne e mi pare che rispetto allo scorso anno, in Italia, non si registri alcun miglioramento”, dichiara intervistata da Sardegna Live.
EDUCAZIONE AFFETTIVA. “Credo che il caso di Giulia Cecchettin possa imprimere un’accelerazione alla definizione di una normativa rigida a livello nazionale”, osserva l’esponente azzurra che ha le idee chiare anche in merito alla prevenzione. “E’ importante che si parta subito con l’introduzione dell’educazione affettiva obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado. Credo inoltre che, invece di perdere altro tempo con la formazione dei docenti, sia importantissimo coinvolgere gli psicologi nell’ambito dell’insegnamento: sono pronti, è il loro mestiere”.
LA DENUNCIA. “Un altro aspetto importante – spiega Zedda a Sardegna Live – è quello di abbattere i percorsi burocratici nelle fasi che riguardano la donna o chiunque subisca violenza dal momento della denuncia. Da quando ci si rivolge alle autorità, infatti, nella testa di chi viene denunciato inizia il delirio ed è quello il momento in cui la vittima è più vulnerabile. Bisogna dunque tutelarla permettendogli di lasciare la casa familiare per andare a vivere temporaneamente in un centro di accoglienza che possa ospitare la donna e i figli con tempestività. Potenziare i centri antiviolenza, insomma, è fondamentale per intervenire in maniera diretta in soccorso delle vittime”.
REDDITO DI LIBERTÀ. Un altro momento cruciale, osserva Zedda, è la gestione del percorso che viene dopo la denuncia e l’abbandono del partner. “A quel punto dobbiamo essere pronti a intervenire col reddito di libertà, un reddito mensile che consenta alle donne di abbandonare il luogo in cui si vive avendo una propria autonomia. In tal senso lavoriamo per migliorare anche legge regionale, ma va definita una misura precisa anche sul fronte nazionale”.
IN SARDEGNA. Che autonomia ha la Regione in merito al contrasto della violenza di genere? “Abbiamo già gli stanziamenti – spiega la consigliera forzista –. Io ho intenzione di intervenire, se riesco anche subito con la variazione di bilancio, per incidere soprattutto sull’accoglienza dal momento della denuncia".
NARRAZIONE SBAGLIATA. Alessandra Zedda analizza poi l’approccio della stampa al racconto dei femminicidi. “Del metodo attuato da molti organi di informazione penso il peggio possibile. Se vogliamo scongiurare qualsiasi forma di emulazione e premeditazione, evitiamo di raccontare i dettagli più scabrosi dei fatti di sangue che si verificano. Si dia la notizia, ma si eviti di raccontare quante coltellate ha subito la vittima, qual è stata quella mortale, quanto tempo è rimasta agonizzante prima di morire. È inutile. Sono dettagli che vanno definiti nei tribunali, non li si può offrire alla morbosità del pubblico”.
PATRIARCATO O EGO? Alcuni giorni fa, la conduttrice della trasmissione di La7 Otto e mezzo, Lilli Gruber, ha accostato la politica del Governo Meloni a quella che ha definito “la cultura patriarcale italiana”. “Errore gravissimo – risponde Zedda –. Qui non si tratta di posizioni politiche. Il fenomeno del femminicidio è un fenomeno assolutamente democratico e colpisce tutti. Evitiamo di parlare di cultura patriarcale, oggi esiste una cultura dell’ego smisurato rispetto alla perdita del potere che un uomo esercita nei confronti di una donna. Non esiste nessuna comunanza fra ideologia politica e violenza sulle donne. È una lettura totalmente fuori luogo”.