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"Diego mi prese in simpatia e mi apprezzò sia come giocatore che come persona. Lui ha avuto per me una importanza enorme. Senza la sua vicinanza sarei stato la metà del giocatore che sono diventato: il suo esempio è stato fondamentale per quello che sapeva fare in campo e negli allenamenti, ma anche per la condotta. Si pensa che chi ha talento non lavori, ma questo è un vecchio luogo comune perché il talento non è altro che espressione esponenziale del lavoro che fai. Dietro al gesto tecnico ci deve essere qualcos'altro che lo sorregga: bisogna lavorare molto a livello fisico e atletico per poter primeggiare con le proprie qualità tecniche e io a questo aspetto ho sempre dedicato molto tempo e molta attenzione, così come faceva Diego".
Sono queste le parole di Gianfranco Zola in un'intervista a Extratime, andata in onda su Radio 1 Rai.
Ai suoi tempi il calcio italiano era il migliore del mondo, Zola dice che "negli anni Novanta e duemila il campionato italiano era considerato il migliore del mondo perché c'erano cinque o sei squadre che potevano vincere lo scudetto, mentre negli ultimi dieci anni c’è stato un dominio assoluto. Bisogna riconoscere i meriti alla Juventus che ha fatto cose straordinarie, sia in campo che a livello societario, ma è chiaro che in questo modo il livello del campionato scende perché' c’è più interesse attenzione e spettacolarità quando c’è competitività”.
“Quest'anno - prosegue l'ex fantasista di Napoli, Parma, Cagliari e Chelsea - è già molto meglio perché' ci sono squadre nuove che stanno facendo bene tipo il Milan e l'Inter".
Alla domanda su quale sia la difesa che lo ha messo più in difficoltà, Zola risponde che "giocare contro la difesa del Milan era estremamente difficile, non solo per le qualità di base che avevano i vari Baresi, Maldini, Tassotti e Costacurta che erano forti, veloci e cattivi, ma anche perché' erano estremamente organizzati e non era facile trovare spazi per metterli in difficoltà".
Per gli inglesi è "Magic Box", uno dei calciatori più amati e apprezzati di sempre. "Noi che arrivavano dal calcio italiano, io Gullit, Vialli, Di Matteo, abbiamo apprezzato l'entusiasmo e la passione controllata della gente: i tifosi allo stadio impazzivano, ti supportavano e ti idolatravano, ma sempre con rispetto...quando andavamo in giro per strada o al ristorante la gente ci riconosceva, ma ci lasciava vivere la nostra vita ...ed è una cosa che abbiamo fortemente apprezzato: il fatto di poter essere una star e vivere la tua vita come una persona normale".
Il calcio senza pubblico ai tempi del Covid è un'altra cosa, conferma Zola: "Quello che ti fa fare grandi cose in campo è anche il fatto di avere 40.000 tifosi dietro che ti sostengono e ti incitano...quindi è chiaro che il calcio vissuto in questo modo sia penalizzato tantissimo. Però, al momento, se si vuole che il calcio funzioni ancora bisogna prenderlo in questo modo...sperando che questo momento non duri ancora per molto"
Il ritorno nella sua Sardegna, per giocare con la maglia del Cagliari, dopo la ribalta mondiale della premier.
"E' una cosa che avrei sempre voluto fare: rientrare al Cagliari a fine carriera e dare un contributo importante per la squadra, sulla base di tutte le esperienze fatte precedentemente. Quando c’è stata la possibilità l'ho fatto ed è una cosa di cui vado estremamente orgoglioso", sottolinea Zola, che da un po' non allena. "In questo momento ho deciso di riprendermi un po' di spazio per me e per la mia famiglia e sono contento così. Continuo a seguire il calcio, a documentarmi a studiare e ad approfondire e poi vedremo: quando ci sarà l’opportunità - conclude - ci penserò su".