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Ieri sera ho conosciuto Marcello Fois, lo scrittore nuorese che si è raccontato in oltre trenta opere, dando voce alle storie che pur attorcigliandosi sui legami indissolubili che nutrono le origini, respirano di lucida analisi e di sapore universale.
"Quasi Grazia" è stato il pretesto dell'incontro che sul palco dell'Eliseo di Nuoro lo ha visto "affascinare", accanto all'ottimo Manuelle Mureddu, una platea vasta, attenta e calorosa.
La Deledda 'madre' di tutti gli scrittori e donna consapevole di un destino che ha saputo determinare.
La Deledda 'donna' che continua ad essere tradotta in tutto il mondo e che in Cina, dove il potenziale bacino di lettori supera il miliardo, le cose che i suoi libri 'rinchiudevano' più di un secolo fa, catturano ancora l'attenzione: Antonio Gramsci e Italo Calvino sono i soli che con lei sfidano questa sorta di letteraria immortalità.
Del resto per Marcello Fois gli scrittori sono quelli che hanno le parole per dire le cose.
Del resto per l'autore che vive a Bologna con la Sardegna nel cuore, non si può essere scrittori se non si è stati buoni lettori.
Per scrivere bisogna leggere e anche l'aver letto bene e tanto determina il saper vivere.
Tra i tanti passaggi di una serata che ho gradito, mi resta l'analisi del tempo in cui viviamo, che accorcia la memoria sul nostro essere stati "popoli in transito", migranti di un'esistenza e prodotto di mescolanza.
"Siamo tutti culture che si incontrano e si attraversano. Noi siamo quelli che l'intolleranza l'hanno subita oltremodo. La vita stessa è mescolanza".
Gli scrittori sono quelli che hanno le parole e le parole danno voce ai pensieri e i pensieri che trovano una voce possono cambiare le cose e migliorare questo mondo che troppo spesso non va.