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La talassemia è poeticamente definita come l’anemia che viene dal mare. Si tratta di una malattia ereditaria diffusa, che colpisce l’1,5 per cento della popolazione mondiale, per un totale di 90.000.000 di persone. In Italia le regioni più colpite sono la Sicilia, il Delta Padano e la Sardegna.
"Ivano è il nuovo Cristoforo Colombo, viaggia verso l'ignoto per offrire la speranza della guarigione ai malati di Talassemia”: con queste parole Paolo Moi, genetista e primario della II clinica e del reparto Talassemici dell'Ospedale Microcitemico di Cagliari, ritrae lo spirito da combattente che ha portato Ivano Argiolas ad affrontare il disagio di una malattia con l’energia e la determinazione di chi non si arrende di fronte alle difficoltà.
Il giovane di origine cagliaritana nel 2013 si è sottoposto in America all’auto trapianto genetico con la speranza di aprire una strada verso la guarigione per tutti i malati di talassemia ed in particolare per i bambini.
La sua è una storia di coraggio e di valori, di altruismo, di impegno civile e sociale.
Ivano, Loris Giambrone, presidente della Lega Siciliana Talassemici, ha dichiarato che il sogno di tutti i talassemici e dei loro genitori sta finalmente prendendo forma con l'auto-trapianto di cellule staminali e che questa sfida ha trovato in te un coraggioso sperimentatore. Raccontaci di te.
Sono nato nel 1974 e fin dai primi mesi di vita mi è stata diagnosticata la talassemia, una malattia ereditaria genetica per la quale si rende necessario sottoporsi per tutta la vita a continue trasfusioni di sangue. In quel periodo la talassemia era una malattia a prognosi chiusa, ovvero altamente infausta che causava, nella peggiore delle ipotesi, la morte prematura. Il mio carattere mi ha sicuramente aiutato ad accettare la malattia ma ho sempre avuto fiducia nella ricerca e nella possibilità che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa di positivo.
Di fatto, in quegli stessi anni, grazie alla ricerca condotta dal Prof. Antonio Cao e successivamente dal suo allievo il Prof. Renzo Galanello, la talassemia si trasforma in una malattia sempre più a prognosi aperta e soprattutto si sviluppa sempre con maggiori risultati positivi il trapianto di midollo osseo.
Si, ma purtroppo io partivo con una condizione di svantaggio dovuto al fatto di non avere un donatore e di essere figlio unico. Non era facile per me trovare un midollo compatibile. Accettavo l’idea di dover convivere per sempre con la schiavitù delle trasfusioni, ed ero consapevole che da queste derivano le complicanze. Una su tutte lo scompenso cardiaco da troppo ferro che all'età di 20 anni mi aveva messo in serio pericolo di vita.
Il coraggio è un’arma con cui hai sempre affrontato le curve più pericolose della tua esistenza. Dopo quasi 2 anni di terapie cardiologiche intensive che ti hanno riabilitato hai deciso di mettere a frutto questa seconda possibilità che la vita ti aveva regalato.
Si. Credo da sempre che la vita è preziosa e che va vissuta con intensità. Dopo essermi ristabilito avevo trovato un lavoro, comprato una casa e sposato mia moglie. Purtroppo a 34 anni il mio matrimonio è andato in frantumi così come il lavoro che ho perso di li a poco. Ancora una volta non mi sono lasciato andare, dando vita alla Thalassa Azione onlus, un'associazione di persone con talassemia che nel giro di 3 anni diventa una delle prime a livello internazionale in termini di associati e iniziative. Grazie a questi risultati, entravo a far parte della Federazione Nazionale Italiana di persone con talassemia diventando il responsabile per la macro area Sardegna e co-vicepresidente.
Nel 2012 prendi una decisione molto importante, destinata a cambiare il corso della tua vita: ti candidi ad un clinical trial mondiale, uno studio clinico sperimentale per la guarigione dalla talassemia. Sei il primo sardo e tra i pochi