Da pochi giorni è uscito nei negozi il dvd dell’ultima tournée di Ivano Fossati, Decadancing tour. È un addio, quello che ha annunciato nell’ottobre 2011, alla musica come produzione di nuovi dischi come interprete. Ha scelto di non proseguire come cantautore, ma mai nella vita rinuncerebbe a comporre.

Nel marzo 2012, in occasione della sua ultima esibizione live al Piccolo di Milano, ho pubblicato un pezzo per dare il giusto omaggio a un autore che ha segnato la storia della canzone italiana.

 

Qui di seguito, il testo dell’articolo tratto da Notizie-news del marzo 2012.

 

“Vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto”. Questi i versi che Dante ha dedicato a papa Celestino V, nel terzo canto dell’Inferno. Ma non sempre i “gran rifiuti” sono mossi dalla “viltade”. Ci sono  circostanze in cui le rinunce sono espressione di un carattere coraggioso, vitale, volitivo. L’addio di Ivano Fossati alle scene rientra nella seconda casistica: è il gesto di un uomo libero, indipendente, ancora pieno di progetti nel cassetto. 

Lo scorso ottobre un pubblico annuncio, di fronte alle telecamere di Che tempo che fa: il suo ultimo disco, Decadancing, sarebbe stato l’ultimo della carriera. E la serie di concerti per promuoverlo, l’ultima tournée. Questa sera, al Piccolo Teatro di Milano, l’ultima esibizione live. Ha promesso che sarà una grande festa, e chissà se questo annuncio potrà lenire un pochino il dolore dei suoi tantissimi fans. La verità è che dovrebbero piuttosto rallegrarsi, perché non abbandonerà mai la musica. E non lo farà, semplicemente perché non può: dire addio alla musica, per uno come lui, significherebbe dire addio a una parte di sé: lo ha allevato, lo ha cresciuto, e solo in ultimo lo ha reso ricco e famoso.

Fossati è la musica che ascolta, che compone. Scinderlo dal mondo delle note equivarrebbe, insomma, a parlare di un uomo morto. E invece lui è vivo, vivissimo. Anzi, non è mai stato così vivo come da quando ha annunciato di volersi ritirare. Basta guardarlo in faccia, per capire che è come se si fosse tolto un peso: praticamente, non ne poteva più dell’industria discografica, proprio non vedeva l’ora di disfarsene. E come biasimarlo, del resto: i tempi e i modi della canzone di oggi mal si conciliano con un temperamento così autarchico, ribelle. Era un ribelle già nei primi anni Settanta, quando col brano Jesahel portava il rock progressive a Sanremo, lasciando interdetto il pubblico ingessato delle prime file.

Poi gli anni della maturità artistica, la poesia che appariva nel suo cammino  e diventava il canale di espansione della sua ribellione. Il Fossati ’guru’ della canzone d’autore italiana nasceva in quei lontani anni Ottanta. Ha prestato i suoi brani a donne formidabili come Mina, Mia Martini, Patty Pravo: tutte fuoriclasse, ci mancherebbe, ma l’emozione che si prova nel sentirlo cantare i brani scritti da lui medesimo rimane ineguagliabile. È un autore che appartiene di diritto alla storia della letteratura italiana, anche se lui si ostina a ripetere che la musica e la letteratura appartengono a territori molto diversi.

Ha deciso che a sessant’anni anni vuole far partire la seconda fase della sua vita. Nemmeno lui sa quante sorprese riserverà questo secondo tempo. Stasera al Piccolo ci sarà una bella festa, ma è solo l’inizio: la cosa bella sarà assistere alle sue evoluzioni future. Scrivere una  canzone ispirata è impegnativo, ma scrivere canzoni pe