Quando ho letto la storia di questo giovane ragazzo di Lecco, partito in Inghilterra per cercare un lavoro, ma soprattutto un futuro, ho rivisto me e diversi miei amici, che alla sua età avevamo la stessa voglia di andare, di credere, di sognare.

Joele è stato ucciso dalla barbarie umana di quattro individui.

Non si può morire a diciannove anni.

A quell'età si ha una grande voglia di conoscere il mondo, di conquistarlo.

A quell'età si ha la convinzione di poter cambiare il mondo, di trasformarlo.

A quell'età non si può morire per aver sognato in grande, per averci creduto.

Joele era un figlio di questo mondo, come lo eravamo noi allora.

Continua ad esserci qualcosa che non va, se queste cose accadono e se quando accadono facciamo finta che non sia.

Il mio augurio è che una trafitta di indignazione si apra nel cuore di tutti e che la riflessione comune diventi una voce contro ogni forma di violenza e di intolleranza.

Mi sento triste.

Giuliano Marongiu