La cattolica Anna Maria Cancellieri conosce molto bene questo passo della Bibbia, presente nell’Ecclesiaste: “C’è un tempo per nascere e uno per morire”.

Interpretando a suo modo il Libro Sacro, è giunta a questa conclusione:  “C’è un tempo per le dimissioni e un tempo per restare in carica. In questo momento, non c’è alcun motivo per mollare la nave”.

Ha ragione il ministro: effettivamente, per quanto sia controverso l’episodio che l’ha vista protagonista, non è ragionevole gettare la spugna.

Troppo spesso le fumisterie polemiche fanno perdere di vista la sostanza delle cose. In questo caso specifico, è bene ribadirlo: stiamo parlando della vita in pericolo di una ragazza.

Il fatto che la giovane in questione sia ricca di famiglia, abituata agli agi, non è una colpa. O perlomeno, non lo è in una società come la nostra in cui si dovrebbe accettare pacificamente che qualcuno ha la fortuna di essere più abbiente di altri (il fatto che le fortune siano state conquistate con illecito è un altro discorso, non è questa la sede per parlarne).

È un errore preoccuparsi di una persona sola, sottovalutando le migliaia di carcerati che come lei vivono una condizione di enorme sofferenza? Certo che lo è. Ma il punto da tenere a mente è questo: stiamo parlando di uno scivolone, di una caduta di stile della Cancellieri, non di una colpa da lavare abbandonando il Governo.

In molti forse non saranno d’accordo con questa disamina, ma a nostro avviso la signora ha commesso solo un peccato veniale.

La raccomandazione è sì un comportamento scorretto, va censurata senza se e senza ma. Però, innanzitutto bisogna stabilire se siamo realmente di fronte a un’intercessione (e a sentire l’accorata autodifesa ieri in Parlamento sembrerebbe di no). E se anche fosse, dovrebbe allora dimettersi tutto l’esecutivo in blocco, perché è evidente che a ciascuno di loro è capitato di intervenire in favore di una persona conosciuta. Scagli la prima pietra chi tra di essi si sente pulito e immacolato.

Ad ogni modo, è innegabile che la figuraccia c’è stata. L’episodio denota scarsa serietà, e per una persona seria come la Cancellieri questo è il più grave degli smacchi.

Ma c’è un modo per venirne fuori con stile. Da ora in poi, dimostri pubblicamente –e continuativamente- di avere a cuore la sorte di tutti i reclusi. Di tutti, senza distinzione di censo o di razza.

Ministro, c’è una magnifica opportunità da cogliere al volo: approfitti del potere e della visibilità mediatica che il suo dicastero le offre per smentire tutte le perfide dicerie sul suo conto. Si mostri sinceramente attiva nella battaglia per rendere più a misura d’uomo il regime di detenzione.

Continui, insomma, a rimanere immobile nel proposito di rimanere al Ministero della Giustizia. Ma sia mobile nel dare risposte al disperato appello di chi marcisce dentro le patrie galere.

Se seguirà il nostro consiglio, stia pur certa che l’ affaire  Ligresti presto verrà derubricato come banale incidente di percorso.

Dai diamanti (di don Salvatore) non nasce niente, ma dal letame (che le hanno gettato addosso) nascono i fior.