Le immagini più tristi, il film più scandaloso. Quello andato in scena a Roma è l’ennesimo spettacolo del calcio malato, l’ultima fotografia di un dramma che cova in silenzio pronto ad esplodere alla minima scintilla di follia.

È successo ieri all’Olimpico, come tante altre volte in tanti altri posti. Come al Marassi di Genova nel 2010, durante quell’Italia-Serbia di qui ricordiamo solo Ivan il Terribile, come al Massimino di Catania nel 2007, quando l’ispettore Raciti venne ucciso durante gli scontri tra ultras catanesi e palermitani in occasione del derby di Sicilia.

Doveva essere una festa ieri a Roma. La festa del gioco, del calcio, dello sport e della gente accorsa per assistere alla finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. E’ bastato un attimo, qualche insulto, qualche parola di troppo e poi il fumo e gli spari e il sangue e tutto il mondo che assiste stupito alla guerriglia urbana di una città che, a volte, sembra tornare indietro di quarant’anni.

In un sistema ricattato dagli ultras e dalla criminalità organizzata in cui la finale della Coppa nazionale deve essere legittimata da tale Genny ‘a Carogna, la gente si ammazza per ‘difendere’ l’onore della propria squadra. Poco importa, poi, se i giocatori della propria squadra vengono spogliati della maglia, umiliati, derisi come fossero pupazzi su cui pisciare tutto l’odio e il disprezzo accumulato in una vita di battaglie da curva fatte di spranghe, sassi e cappucci abbassati sul volto. Poco importa, poi, se picchiare diventa più stimolante che tifare, e quello che succede in campo diventa meno stimolante di quello che accade sulle gradinate.

“Speziale Libero” recitava la maglietta indossata ieri da Genny ‘a Carogna, dove Speziale è l’ultras (allora 17enne) condannato per l’omicidio Raciti.

Un urlo beffardo, uno sfacciato inno all’ideologia della violenza e alla grande vergogna andata in scena, ancora una volta, nella città e nel Paese della grande bellezza.