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Forse troppo giovane (e inesperta) per resistere, Yosefa Idem ha rassegnato le sue dimissioni da ministra. Lo stesso cognome, si potrebbe dire, visto come allusione ai colleghi di palazzo, probabilmente, non l’ha favorita. Ieri, comunque, quello che sarebbe anche potuto essere il solo caso politico del giorno, è stato sovrastato dalla sentenza del Tribunale di Milano che ha condannato Silvio Berlusconi a 7 anni di reclusione, nonché all’interdizione perpetua ai pubblici uffici, al termine del processo Ruby.
Il Ministero per le pari opportunità avrà dunque un nuovo ministro, non ci saranno scossoni e, come dire, ci seguirà un avvicendamento di “ordinaria amministrazione”. Pensare che in futuro, nei palazzi della politica, entrerà in vigore lo stesso metro - che è quello giusto in presenza di responsabilità accertate o in risposta a criteri di obiettiva opportunità politica - di sensibilità etica e morale applicato per l’ex campionessa, significa credere nell’asino che vola. Il caso Idem, sotto questo aspetto, si può considerare già archiviato: avanti un altro, ci verrebbe da dire, per le illusioni c’ è tempo.
La vicenda della ministra, dunque, è già alle spalle, ma il cattivo esempio resterà sempre in vigore e non cadrà mai in prescrizione, almeno fino a quando la classe politica non avrà davvero paura della pressione o delle scelte di un’ opinione pubblica che potrebbe trasformarsi anch’essa in un giudice severo per sentenze magari senz’appello.