Una situazione insostenibile e drammatica quella che vivono le carceri italiane. Un'emergenza che ciclicamente si qualifica come uno dei maggiori problemi a cui le Istituzioni dello Stato sono chiamate ad approntare una soluzione. Le celle, infatti, scoppiano di detenuti ed il sovraffollamento degli istituti penitenziari, oltre non consentire lo scopo primario della rieducazione del condannato, a cui deve tendere qualsiasi pena, così come dispone l'art. 27 della Costituzione, non assicura ai detenuti condizioni di vita conformi al canone di umanità.I dati parlano chiaro: i 206 penitenziari italiani ospitano circa 66 mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 47 mila e molto spesso gli spazi a disposizione della popolazione carceraria sono al di sotto della soglia minima.

PROSSIMO PROVVEDIMENTO GOVERNATIVO. Il ministro della giustizia Annamaria Cancellieri, pochi giorni fa, ha dichiarato che a breve sarà emanato un decreto legge con lo scopo di alleggerire la pressione sugli istituti penitenziari. Il provvedimento, che dallo stesso ministro è stato definito come "provvedimento tampone urgente", ad indicarne cioè la natura non risolutoria ma di "primo intervento", prevede la scarcerazione di 3-4mila detenuti. Inoltre, il governo ha presentato un emendamento alla legge delega sulla messa alla prova e sulle pene detentive non carcerarie, che prevede la detenzione domiciliare per i reati puniti con la reclusione fino a 6 anni e non sino ad un massimo di 4 anni come recitava il testo parlamentare. Questi i primi interventi annunciati per far fronte all'emergenza, mentre per il varo completo del cosiddetto "piano carceri" occorrerà attendere l'autunno, in quanto occorre dare una risposta all'Europa entro il maggio prossimo.

IL TERMINE IMPOSTO ALL'ITALIA. In particolare, il legislatore è chiamato ad intervenire tenendo conto dei principi sanciti nella Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e delle prescrizioni, che sulla base di essa, sono state enunciate dalla giurisprudenza della Corte EDU, la quale ha imposto un adeguamento del diritto nazionale entro precisi termini di tempo. S'intende far riferimento alla sentenza dell'8 gennaio 2013, la cosiddetta sentenza Torreggiani, con la quale la Corte EDU , preso atto del problema del sovraffollamento del sistema penitenziario italiano e delle conseguenti intollerabili condizioni di detenzione, emersi a seguito dei numerosi ricorsi di detenuti o ex detenuti, ha dato all'Italia un vero e proprio ultimatum.

LA SENTENZA TORREGGIANI. All'origine della causa ci sono stati sette ricorsi proposti contro la Repubblica Italiana, con i quali i ricorrenti (il signor Torreggiani ed altri ) hanno adito la Corte Europea dei Diritti dell'uomo (secondo la procedura prevista dall'art.34 della Convenzione) lamentando le condizioni di detenzione subite in alcuni istituti penitenziari in Italia. Il signor Torreggiani, ad esempio, fu detenuto nel carcere di Busto Arsizio dal novembre del 2006 al maggio del 2011occupando con altre due persone una cella di 9 mq, avendo così a disposizione uno spazio personale di soli 3 mq. Inoltre alcuni ricorrenti sostenevano che l'accesso alla doccia del carcere era limitato a causa della penuria di acqua calda nell'istituto penitenziario. Tutti fatti ritenuti contrari all'art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che sancisce il divieto della tortura, stabilendo esattamente che nessuno può essere sottoposto a torture, né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Nella sentenza la Corte rileva che " nonostante le misure privative della libertà comportino per il detenuto alcuni inconvenienti, la carcerazione non può privare il detenuto stesso del beneficio dei diritti statuiti nella Convenzione. Al contrario, in alcuni casi, la persona incarcerata può avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità dello stato. In questo contesto l'art. 3 pone a carico delle autorità un obbligo positivo, che consiste nell'assicurare che ogni prigioniero sia detenuto in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana". Riconosciuta, dunque, la situazione di overcrowding permanente delle carceri italiane, il giudice di Strasburgo ha ritenuto che la mancanza di spazio sufficiente all'interno delle celle di detenzione, quale è quello inferiore ai 3mq, integra, laddove sia poi aggravato da ulteriori carenze come la mancanza di acqua calda o di adeguata areazione