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Ogni volta che penserò al Papa, mi tornerà alla mente l’immagine solitaria di un uomo vestito di bianco e di spalle, che sale le scale di un aereo, con la valigia in mano.
Dentro “quella” valigia c’è il senso del suo operato, della sua voglia di cambiare le cose, di stare “tra la gente”.
Abituati agli orpelli e alle grandi parate, ci viene difficile pensare che il nuovo Pontefice abbia deciso di indossare i panni dell’umiltà: il modo di rapportarsi spesso rivela chi siamo e chi vogliamo essere.
In Brasile, tra i giovani; prima ancora a Lampedusa, tra gli ultimi; tra non molto in Sardegna, tra le famiglie che non ce la fanno più, tra i lavoratori che vorrebbero continuare ad esserlo, tra le speranze e la rabbia di un popolo che attende risposte che non arrivano mai.
A me piace Papa Francesco, perché guarda verso l’altro, perché non ha paura di incontrare il mondo.
Nel suo cammino di fede c’è la concretezza delle azioni. Questo ci permette di “sognare” un diverso futuro.