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Io non conosco Ercole, il ragazzo di Catania ritratto nella foto.
Conosco la sua storia, una delle tante che i giornali hanno riportato distrattamente nelle pagine che riempiono angoli di cronaca ma che non fanno copertina.
E’ nato a Catania ed è cresciuto a Roma, la grande città che inghiotte le provenienze e livella le identità: lì non si è più “riconoscibili” se si è "qualcuno" che gli altri potrebbero scoprire.
Ad esempio "qualcuno" che vive diversamente la sua normalità.
La storia di Ercole. che non conosco, è la storia di ognuno di noi. Di noi che tutti insieme facciamo la società ma che spesso non impariamo a “viverla”.
E’ la storia di uno che viene al mondo con i suoi sogni e le sue speranze, che guarda al futuro immaginandolo migliore rispetto a quello che si ritroverà contro.
Il destino non sempre sorprende, quando ti mette paura. Ti mette paura e basta!
Ercole non ha commesso reati, non ha ucciso nessuno.
Ercole ha solo avuto il coraggio di amare allo scoperto, di uscire da “quella” società che inghiotte le differenze e livella le nullità.
Amare è un diritto di tutti.
Vivere non è una concessione che spetta a qualcuno dare.
La violenza non è solo quella che il volto ritratto nella foto riga di sangue: è anche quella di un silenzio complice che guarda altrove.
Questo Stato giustifica, quando non emana leggi adeguate, le azioni che si traducono in violenza sulle donne, sui bambini, sugli animali e sugli omosessuali.
Lo Stato è la società che cavalca sulle ali dell’indifferenza, che lascia fare e che non fa.
Lo Stato siamo tutti noi che “armiamo” la mano di chi colpisce, di chi ferisce, di chi uccide la dignità e l’integrità delle persone.
Io non ci sto.
Giuliano Marongiu