Il fatto è clamoroso, a tal punto che una domanda è d’obbligo: cosa può indurre un uomo di 71 anni, che ha trascorso 40 in prigione, a delinquere ancora dopo aver ottenuto la libertà perché meritevole di un provvedimento di grazia da parte del Presidente della Repubblica? E’ difficile dirlo. Certo è che per Mesina sembrava non fosse applicabile il detto “la volpe perde il pelo ma non il vizio”, in considerazione che l’uomo fu protagonista in negativo in una società, quella di Orgosolo durante i suoi anni giovanili, che più che coinvolto l’aveva forse travolto, e senza scampo, come altri ragazzi tolti da una vita normale. Una tempra e un’arguzia non comuni hanno consentito a “Grazianeddu”, ultima figura di un banditismo “epico” e fortunatamente alle spalle, di sopravvivere alla vita del carcere e di riprendere un’esistenza di ordinaria quotidianità, utilizzando per vivere la notorietà lasciatagli dallo stesso suo personaggio. Ritornato al Supramonte da uomo libero, Mesina si “riappropriava” del suo territorio per fare la guida turistica nei luoghi un tempo regno dei banditi e teatro di lutti senza fine. Quale fortuna migliore per i visitatori: ritrovarsi davanti un signore normale e semplice, umile e modesto ma dallo sguardo fermo, che parla di anfratti e di tradizioni millenarie  con la capacità di creare un distacco lunare tra se stesso e il personaggio che fu. Oggi il sig. Graziano Mesina è stato arrestato per droga. La gente è attonita, troppo presto per parlare. La sua scelta di fare ritorno al Supramonte dopo il carcere fu condivisa, tutti gli volevano bene. E’ la stessa gente che oggi, incredula, spera non sia vera la notizia del suo arresto perché considera Mesina un mito, quello dell’uomo redento.