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In Italia si registra una significativa riduzione della platea di persone interessate a lavorare, che non ha precedenti nella storia più recente. È quanto emerge dalla ricerca "Il lavoro che c'è, i lavoratori che non ci sono" realizzata dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro e anticipata oggi a Bologna in occasione della conferenza stampa di presentazione del Festival del lavoro 2022, in programma nel capoluogo emiliano da domani e fino al 25 giugno.
Secondo la ricerca, tra 2018 e 2021, la popolazione in età da lavoro, dai 15 ai 64 anni, si è ridotta di misura, con una perdita di 636mila residenti (-1,7%) di cui 262mila con meno di 35 anni (-2,1%). Non solo; al calo demografico, si è aggiunta una ricomposizione interna di tale fetta di popolazione: si è ridotta la componente attiva di chi ha un lavoro e lo cerca (-831mila per un decremento del 3,3%) e, di contro, è aumentato il numero di quanti non cercano lavoro o sono scoraggiati a farlo (+194mila, per un incremento dell’1,5%).
Secondo i consulenti si tratta di un dato importante, che certifica un fenomeno più generale di allontanamento dal lavoro, prodotto da cause diverse, tra cui il rifiuto di lavori a bassa remunerazione, la crescita di forme di lavoro irregolare, l’aumento del numero dei percettori di sussidi pubblici avvenuta durante la pandemia o, più semplicemente, una revisione delle priorità di vita nel dopo pandemia, che ha portato ad una visione diversa del lavoro nella vita delle persone.
Qualunque sia la ragione, è indicativo che anche tra le componenti tradizionalmente più vitali, come gli immigrati, si riscontrino le stesse tendenze, in forma anche più marcata. A fronte, infatti, di una crescita della popolazione di origine straniera in età attiva (+1,6%), le forze lavoro sono diminuite del 3,5%, mentre è cresciuta esponenzialmente l’area dell’inattività (+14,4%).