PHOTO
Dopo una breve interruzione la rubrica "L'angolo della giustizia" riprende il suo cammino e stavolta lo fa cercando di capire, insieme a voi lettori, un argomento di assoluta attualità in questi giorni: la concessione della grazia. Tutto prende origine dalle arcinote vicende processuali dell'ex premier Silvio Berlusconi, che hanno subito una prima battuta d'arresto con la sentenza definitiva di condanna a tre anni di reclusione per il reato di frode fiscale, emanata dalla Corte di Cassazione appena qualche giorno fa.
I "fedelissimi" del Cavaliere hanno immediatamente invocato in favore del loro beniamino l'istituto giuridico della grazia, quale unico provvedimento capace di rendere vana l'esecuzione della pena sancita in ultimo grado dai giudici di Palazzo Cavour di Roma. Appare per questo motivo interessante comprendere meglio in cosa consista tale provvedimento, la sua natura e il procedimento ad esso sotteso.
LA GRAZIA DAL PUNTO DI VISTA NORMATIVO. L'articolo 87 della Costituzione stabilisce, al comma undicesimo, che al Presidente della Repubblica è data la possibilità, con proprio decreto, di "concedere grazia e commutare le pene". Si tratta dunque di un atto di natura clemenziale annoverabile tra le attribuzioni che la Carta Costituzionale affida al Presidente della Repubblica, che però necessita, conformemente all'orientamento unanime della dottrina e alla prassi, anche della firma del ministro della giustizia, secondo quanto dispone in via generale il primo comma dell'articolo 89 della Costituzione, ai sensi del quale: "Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità".
CLASSIFICAZIONE DOTTRINALE. La grazia è classificabile tra le cause di estinzione della pena, le quali estinguono, appunto, la cd. "punibilità in concreto", paralizzando in questo modo la sanzione irrogata con sentenza definitiva da parte dell'autorità giudiziaria, ad eccezione delle pene accessorie e degli altri effetti penali della condanna, salvo non sia diversamente stabilito nel decreto di clemenza. Sotto il profilo della procedura, l'istruttoria per la concessione della grazia è disciplinata dall'art. 681 del codice di procedura penale, che prevede la concedibilità della stessa su istanza, da presentarsi al ministro di giustizia, sottoscritta dallo stesso soggetto condannato o da un suo prossimo congiunto o da un suo convivente o dal tutore o curatore o dal proprio avvocato. Il quarto comma della disposizione citata, in realtà, sembra aprire un'ulteriore ipotesi, quella della possibilità per il Presidente della Repubblica di concedere la grazia anche in assenza di domanda o di proposta. Dunque, la prerogativa presidenziale potrà essere esercitata anche, per così dire, d'ufficio.
?IL PROCEDIMENTO. Appare opportuno precisare che il decreto di grazia è la risultante di un vero e proprio procedimento che si snoda attraverso una pluralità di atti e di fasi.?Infatti la procedura si snoda a seconda che il condannato sia detenuto o meno, ma in ogni caso segue una fase di valutazione che vede coinvolti diversi organi giurisdizionali, i quali concorreranno alla formazione di una puntuale istruttoria formalmente di competenza del ministro della giustizia, al cui termine quest'ultimo effettuerà un'ufficiale proposta di grazia al Capo dello Stato o ne domanderà l'archiviazione. È ferma, comunque, la possibilità per il Presidente della Repubblica di discostarsi dalle valutazioni del ministro, giusta puntuale esplicazione delle ragioni sottese.?Anche nell'ipotesi di iniziativa esclusivamente presidenziale, quando cioè sia il Capo dello Stato ad autoproporre una richiesta di grazia nei confronti di un condannato, il ministro ha l'obbligo di iniziare e finire un'attività istruttoria, il cui esito non è vincolante ai fini della concedibilità della grazia da parte del Presidente.
LA FUNZIONE. Secondo autorevole dottrina, il pardon presidenziale è chiamato a svolgere essenzialmente due funzioni. La prima è di stampo spiccatamente umanitario: la settecentesca fiducia nella legge, ritenuta la massima garanzia posta dal Parlamento a tutela dei diritti e delle libertà, si tempera considerando le molteplici e variabili situazioni concrete. Talvolta, infatti, l’applicaz